Cosa vedono gli anziani di noi?

“Benedetti siano gli istanti, e i millimetri, e le ombre delle piccole cose.”

Così recitava Fernando Pessoa, così mi ripeto ogni volta che le fatiche lavorative prendono il sopravvento, ogni volta che tutto diventa una corsa contro il tempo e ogni volta che “vedere nero” rischia di sovrastare una delle tante motivazioni che guidano il mio lavoro: i dettagli.

Mi chiedo spesso cosa percepiscono delle mie emozioni gli anziani con cui lavoro.

L’essere professionale non significa totalmente “lasciare fuori” la vita del professionista, i pensieri, le idee, le emozioni.

Molte volte racconto loro piccoli aneddoti della mia vita e del mio quotidiano personale sfruttandoli come aggancio nella relazione, come punto di partenza per stimolare il riaffiorare dei loro ricordi e per raccogliere le loro memorie.

La famosa “giusta distanza” in una relazione d’aiuto implica che le mie emozioni vengano mediate, abbiano un filtro, perché sono lì a lavorare per loro, non a colmare una mia mancanza o esaudire un mio bisogno.

6 piccole storie

Sono io che devo avere uno sguardo “oltre” per esserci per loro.

Ma spesso me lo chiedo: loro cosa vedono “oltre” a me?

Qui sei piccoli e semplici aneddoti di vita quotidiana che lasciano intravedere il piacere e la bellezza delle piccole cose, che fanno emergere cosa vedono gli anziani di noi operatori.

Anche quando la malattia è così presente, quando la parola è spesso limitata, quando i ritmi loro sono diversi dai nostri e i loro pensieri contengono più spazi neri e confusi.

E noi siamo così stanchi, di corsa, poco presenti, demoralizzati, divorati dalla burocrazia e presi da un fare frenetico…

Ce lo chiediamo? Cosa vedono gli anziani di noi?

1.

“Signorina, guardi quel gallo come insegue la gallina! E il pavone che fa quella cosa li, come si chiama, si apre tutto, diventa colorato… la ruota!”

La signorina è di corsa, va da un tavolo all’altro perché la chiamano in tanti. Tutti hanno tante domande da farle e vedo che tenta di riuscire a rispondere a tutti in modo esaustivo.

La vedo sempre di corsa, la vita qui sembra abbastanza frenetica: noi qua fermi come statue e loro pronte ad esserci quando alziamo la mano.

Ho di fianco una finestra e mi basta guardare fuori da lì per trovare un sorriso.

Le galline mi ricordano tanto la campagna dei miei zii; li raggiungevo a Fontanella al Piano e rimanevo da loro due settimane ogni estate, dormivamo tra il fieno, correvamo in mezzo al fango e curavamo il pollaio.

La vita era più semplice, le piccole cose facevano davvero la differenza.

2.

“Signorina, questo fiore lo chiamerò Italia”

E mentre lo dico sorrido. Mi avrà sentito? Lo ripeto.

“Un bellissimo nome, mi ricorda qualcosa…”, mi dice.

E nel frattempo si è già girata: scava, prepara i vasi, pulisce le radici, sistema la terra, bagna le violette. Non sta ferma un attimo, come fa a sentire tutte le cose che dico? Sicuramente se ne perde qualcuna.

Una signora è accanto a me e fissa il mio fiore, sono fiera di quello che ho scelto. Rosso come la cosa che amo di più della vita, l‘amore. Provo a spiegarle il significato del fiore che ho scelto.

Riguardo il mio fiore, riguardo la signorina.

Mi sorride, lo vedo dagli occhi, mi ha sentita.

In mezzo a tutto questo caos mi sente, mi vede.

Se va sempre di corsa è perché teme di non raggiungere una meta? Oppure ha tanti pensieri per la testa… magari sta cercando le cose belle della vita…

O forse ha solo paura di non riuscire a trovare un fiore bello come il mio.

Sai che faccio?

“Signorina, glielo regalo.”

3.

Ho un foglio tra le mani, bello spesso, c’è della plastica tutta intorno, probabilmente per proteggerlo, non so bene da cosa, ma è rigido al punto giusto. Lo giro un po’, forse non è nel verso giusto. Da un lato è bianco, ma la signorina mi dice di girarlo.

“Luogo del cuore: Cesole”

Ma è il mio! Cesole è casa mia, è dove ho sempre vissuto.

Guardo la ragazza e le spiego:

“io vivo qui!”

O vivevo? Insomma, questa è casa mia, come hanno fatto ad indovinare?

E la foto sembra proprio la chiesetta del mio paese, dove ho sempre vissuto, vicino a Mantova.

D’un tratto ricordo la cascina che da sempre porto nel cuore, quella dove papà mi ha dato l’ultimo bacio, quella in cui mamma mi preparava i tortellini di carne in brodo.

La signorina appende l’immagine accanto a me, vicino al mio posto, proprio al mio tavolo.

È mia! Quella è la mia terra, sono le mie origini.

La terrò sempre con me, il mio pensiero felice la mattina e quello prima di addormentarmi.

4.

“Mi lasci qui ancora un po’…”

La signorina mi chiede di rientrare in salotto, che si fa tardi, ma tardi per cosa? Qui fuori si sta così bene.

Possibile che io abbia altri appuntamenti più importanti?

Non so bene che mese sia, ma guardando davanti a me vedo violette colorate e ciclamini.

È primavera, il sole caldo sta calando, ma rimane quella luce del tardo pomeriggio che mi scalda ancora un po’, il corpo, l’anima e il cuore.

Devo rientrare ma dove? Qui sto bene.

Se il mondo stesse per finire e mi chiedessero di salvare una sola cosa salverei il sole. E ripensandoci bene, anche questo balcone.

Che sapore ha la felicità? Non lo so, ma sicuramente è qualcosa di caldo.

“Ancora dieci minuti e rientriamo”

Chiudo gli occhi, lasciatemi così nel mio dolce far niente.

5.

“Tenga, questo è per lei, un assaggio di cioccolata con panna e con sorpresa!”

Ha detto anche “sorpresa”?

Leggo sul tabellone “Carosello di sapori”.

La signorina mi spiega che nel bicchiere c’è anche un cucchiaino di crema di marroni.

Mi hanno letto nel pensiero? Sono sempre stata una golosona e non mi sono mai privata di nulla, figuriamoci se ora lo farò.

Mi si illuminano gli occhi, mi si aprono le orecchie e mi si spalanca la bocca.

La ringrazio, ma è poco. Ho l’acquolina in bocca, lo sento.

La ringrazio nuovamente e penso di continuare a farlo per un po’, anche se non ne sono sicura.

La mia testa ogni tanto fa “birichinate”, ma penso che un “grazie” non sia mai di troppo.

E forse, in questo caso, non è abbastanza.

Lo ripeto.

“Grazie”.

6.

“Qual è secondo lei la cosa più bella che possa esistere nella vita?”

Ci penso un attimo, chiedo di avere un momento, esito un po’.

È una domanda importante, di quelle che hanno bisogno di una risposta altrettanto importante, non certo banale.

Magari la signorina se la segnerà da qualche parte, non me l’avrà chiesta per niente.

Oppure è una domanda di circostanza e una risposta vale l’altra.

Ora mi impegno e ci penso seriamente.

La vita, l’amore, la famiglia, la salute… insomma ci sono troppe cose belle, non ne posso scegliere solo una, non vorrei che escludesse le altre.

Poi mi arriva una risposta, esce da sé dalla mia bocca e non so bene perché sia questa, ma il suono delle parole mi rende felice appena la dico, tanto che inizio a sorridere.

Dall’accenno di sorriso nasce una risata e il suono coinvolge anche la signorina.

Siamo in due ora a ridere a crepapelle, ho dato la risposta che voleva e ora ripensandoci convince anche me.

“La colazione.”

Sta tutto nelle piccole cose

Grande è chi non smette mai di sorprendersi delle piccole cose.

Sì certo, sta tutto qui.

Una gallina, un fiore, una casa, il sole, un dolce, una tazza di caffelatte caldo.

Piccole cose, sono loro, e non le grandi, che fanno la vita.

Bisognerebbe fermarsi più spesso a godere di queste piccole occasioni di felicità.

About the Author: Erica Forcellini

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Educatrice socio-pedagogica, RSA Pineta di Tradate (VA) - Coop. Proges

Cosa vedono gli anziani di noi?

“Benedetti siano gli istanti, e i millimetri, e le ombre delle piccole cose.”

Così recitava Fernando Pessoa, così mi ripeto ogni volta che le fatiche lavorative prendono il sopravvento, ogni volta che tutto diventa una corsa contro il tempo e ogni volta che “vedere nero” rischia di sovrastare una delle tante motivazioni che guidano il mio lavoro: i dettagli.

Mi chiedo spesso cosa percepiscono delle mie emozioni gli anziani con cui lavoro.

L’essere professionale non significa totalmente “lasciare fuori” la vita del professionista, i pensieri, le idee, le emozioni.

Molte volte racconto loro piccoli aneddoti della mia vita e del mio quotidiano personale sfruttandoli come aggancio nella relazione, come punto di partenza per stimolare il riaffiorare dei loro ricordi e per raccogliere le loro memorie.

La famosa “giusta distanza” in una relazione d’aiuto implica che le mie emozioni vengano mediate, abbiano un filtro, perché sono lì a lavorare per loro, non a colmare una mia mancanza o esaudire un mio bisogno.

6 piccole storie

Sono io che devo avere uno sguardo “oltre” per esserci per loro.

Ma spesso me lo chiedo: loro cosa vedono “oltre” a me?

Qui sei piccoli e semplici aneddoti di vita quotidiana che lasciano intravedere il piacere e la bellezza delle piccole cose, che fanno emergere cosa vedono gli anziani di noi operatori.

Anche quando la malattia è così presente, quando la parola è spesso limitata, quando i ritmi loro sono diversi dai nostri e i loro pensieri contengono più spazi neri e confusi.

E noi siamo così stanchi, di corsa, poco presenti, demoralizzati, divorati dalla burocrazia e presi da un fare frenetico…

Ce lo chiediamo? Cosa vedono gli anziani di noi?

1.

“Signorina, guardi quel gallo come insegue la gallina! E il pavone che fa quella cosa li, come si chiama, si apre tutto, diventa colorato… la ruota!”

La signorina è di corsa, va da un tavolo all’altro perché la chiamano in tanti. Tutti hanno tante domande da farle e vedo che tenta di riuscire a rispondere a tutti in modo esaustivo.

La vedo sempre di corsa, la vita qui sembra abbastanza frenetica: noi qua fermi come statue e loro pronte ad esserci quando alziamo la mano.

Ho di fianco una finestra e mi basta guardare fuori da lì per trovare un sorriso.

Le galline mi ricordano tanto la campagna dei miei zii; li raggiungevo a Fontanella al Piano e rimanevo da loro due settimane ogni estate, dormivamo tra il fieno, correvamo in mezzo al fango e curavamo il pollaio.

La vita era più semplice, le piccole cose facevano davvero la differenza.

2.

“Signorina, questo fiore lo chiamerò Italia”

E mentre lo dico sorrido. Mi avrà sentito? Lo ripeto.

“Un bellissimo nome, mi ricorda qualcosa…”, mi dice.

E nel frattempo si è già girata: scava, prepara i vasi, pulisce le radici, sistema la terra, bagna le violette. Non sta ferma un attimo, come fa a sentire tutte le cose che dico? Sicuramente se ne perde qualcuna.

Una signora è accanto a me e fissa il mio fiore, sono fiera di quello che ho scelto. Rosso come la cosa che amo di più della vita, l‘amore. Provo a spiegarle il significato del fiore che ho scelto.

Riguardo il mio fiore, riguardo la signorina.

Mi sorride, lo vedo dagli occhi, mi ha sentita.

In mezzo a tutto questo caos mi sente, mi vede.

Se va sempre di corsa è perché teme di non raggiungere una meta? Oppure ha tanti pensieri per la testa… magari sta cercando le cose belle della vita…

O forse ha solo paura di non riuscire a trovare un fiore bello come il mio.

Sai che faccio?

“Signorina, glielo regalo.”

3.

Ho un foglio tra le mani, bello spesso, c’è della plastica tutta intorno, probabilmente per proteggerlo, non so bene da cosa, ma è rigido al punto giusto. Lo giro un po’, forse non è nel verso giusto. Da un lato è bianco, ma la signorina mi dice di girarlo.

“Luogo del cuore: Cesole”

Ma è il mio! Cesole è casa mia, è dove ho sempre vissuto.

Guardo la ragazza e le spiego:

“io vivo qui!”

O vivevo? Insomma, questa è casa mia, come hanno fatto ad indovinare?

E la foto sembra proprio la chiesetta del mio paese, dove ho sempre vissuto, vicino a Mantova.

D’un tratto ricordo la cascina che da sempre porto nel cuore, quella dove papà mi ha dato l’ultimo bacio, quella in cui mamma mi preparava i tortellini di carne in brodo.

La signorina appende l’immagine accanto a me, vicino al mio posto, proprio al mio tavolo.

È mia! Quella è la mia terra, sono le mie origini.

La terrò sempre con me, il mio pensiero felice la mattina e quello prima di addormentarmi.

4.

“Mi lasci qui ancora un po’…”

La signorina mi chiede di rientrare in salotto, che si fa tardi, ma tardi per cosa? Qui fuori si sta così bene.

Possibile che io abbia altri appuntamenti più importanti?

Non so bene che mese sia, ma guardando davanti a me vedo violette colorate e ciclamini.

È primavera, il sole caldo sta calando, ma rimane quella luce del tardo pomeriggio che mi scalda ancora un po’, il corpo, l’anima e il cuore.

Devo rientrare ma dove? Qui sto bene.

Se il mondo stesse per finire e mi chiedessero di salvare una sola cosa salverei il sole. E ripensandoci bene, anche questo balcone.

Che sapore ha la felicità? Non lo so, ma sicuramente è qualcosa di caldo.

“Ancora dieci minuti e rientriamo”

Chiudo gli occhi, lasciatemi così nel mio dolce far niente.

5.

“Tenga, questo è per lei, un assaggio di cioccolata con panna e con sorpresa!”

Ha detto anche “sorpresa”?

Leggo sul tabellone “Carosello di sapori”.

La signorina mi spiega che nel bicchiere c’è anche un cucchiaino di crema di marroni.

Mi hanno letto nel pensiero? Sono sempre stata una golosona e non mi sono mai privata di nulla, figuriamoci se ora lo farò.

Mi si illuminano gli occhi, mi si aprono le orecchie e mi si spalanca la bocca.

La ringrazio, ma è poco. Ho l’acquolina in bocca, lo sento.

La ringrazio nuovamente e penso di continuare a farlo per un po’, anche se non ne sono sicura.

La mia testa ogni tanto fa “birichinate”, ma penso che un “grazie” non sia mai di troppo.

E forse, in questo caso, non è abbastanza.

Lo ripeto.

“Grazie”.

6.

“Qual è secondo lei la cosa più bella che possa esistere nella vita?”

Ci penso un attimo, chiedo di avere un momento, esito un po’.

È una domanda importante, di quelle che hanno bisogno di una risposta altrettanto importante, non certo banale.

Magari la signorina se la segnerà da qualche parte, non me l’avrà chiesta per niente.

Oppure è una domanda di circostanza e una risposta vale l’altra.

Ora mi impegno e ci penso seriamente.

La vita, l’amore, la famiglia, la salute… insomma ci sono troppe cose belle, non ne posso scegliere solo una, non vorrei che escludesse le altre.

Poi mi arriva una risposta, esce da sé dalla mia bocca e non so bene perché sia questa, ma il suono delle parole mi rende felice appena la dico, tanto che inizio a sorridere.

Dall’accenno di sorriso nasce una risata e il suono coinvolge anche la signorina.

Siamo in due ora a ridere a crepapelle, ho dato la risposta che voleva e ora ripensandoci convince anche me.

“La colazione.”

Sta tutto nelle piccole cose

Grande è chi non smette mai di sorprendersi delle piccole cose.

Sì certo, sta tutto qui.

Una gallina, un fiore, una casa, il sole, un dolce, una tazza di caffelatte caldo.

Piccole cose, sono loro, e non le grandi, che fanno la vita.

Bisognerebbe fermarsi più spesso a godere di queste piccole occasioni di felicità.

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2 Comments

  1. Elisa 30 Maggio 2025 at 16:35 - Reply

    In RSA noi operatrici siamo sempre poche per le troppe corse e giuste richieste.
    Da noi vedono il Cuore ma anche gli altri lati negativi.
    Il loro piccolo mondo e li ma li possiamo far sentire GRANDI Persone con piccoli gesti appena hai tempo. Un abbraccio una parola dolce una battuta rendono speciale la giornata o nottata anche a loro fragili come dei bambini anche se con l l’esperienza dei capelli d argento.
    Cordialmente Elisa

    • Avatar photo
      CURA 30 Maggio 2025 at 17:32

      Grazie Elisa per aver condiviso con noi questi pensieri gentili.

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