L’importanza della digitalizzazione e della gestione del dato sanitario: coniugare infrastrutture tecnologiche e competenze digitali della forza lavoro nel settore


Di Giulia Galeotti (Consulente Studio Vega, Conegliano,TV)


Parlando di professioni sociosanitarie, quello che viene in mente è il contatto umano, l’empatia, la solidarietà. La tendenza è quella di enfatizzare il dedicarsi agli altri e all’altrui salute, sottolineando lo spirito di sacrificio che queste professioni richiedono.


Sarebbe però miope, nel 2022, dopo due anni di pandemia e 191,5 miliardi di euro giunti con il PNRR all’Italia (Bridi, 2022), pensare alle professioni sociosanitarie nei soli termini di vocazione al prossimo. C’è l’urgenza di ragionare con un mindset diverso, dove va messa in luce la responsabilità di cui i professionisti del settore sono investiti: raccogliere e fornire dati clinici sulla popolazione, in conformità con una società sempre più data-driven (Pentland, 2013) e che richiede sempre più di gestire tutti i dati in maniera accessibile, trasparente e condivisa.


Prerequisiti non sindacabili

Se la raccolta dati sulla popolazione è sempre stata fondante per orientare le decisioni di governo, nell’era della digitalizzazione è l’elemento imprescindibile a cui affidarsi, per garantirsi la quantità e la qualità di informazioni in grado di efficientare l’ecosistema Stato, anche e soprattutto nel pubblico. In ambito sanitario questo impegno, quale che sia l’attore coinvolto, implica avere in dotazione l’adeguata infrastruttura tecnologica e organizzativa per permettere la raccolta e lo sfruttamento del dato – passaggio chiave per generare valore per la società, per i cittadini, per le organizzazioni (Cavanillas et al., 2016).

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Questo valore sociale transita necessariamente per l’aggregazione dei dati, che spiana la strada ad analisi predittive, permettendo di settare degli standard inerenti qualsiasi cosa: decorsi patologici, stratificazione dei rischi, individuazione dei pazienti acuti “ad alto costo” per la sanità (Bates et al., 2014). In questo quadro, i policy makers avrebbero tutte le informazioni per poter agire e investire strategicamente (Dencik et al., 2019).

Un altro aspetto importante è senza dubbio la crucialità della digitalizzazione nella popolazione: senza appropriate competenze, in un secolo in cui gli strumenti tecnologici sono di per sé pervasivi, a farne le spese sono in particolar modo le persone più anziane (o più in generale, gli adulti della generazione X), che frequentemente peccano nella comprensione e nell’utilizzo più basilare della moderna tecnologia, esperendo a tutti gli effetti un divario digitale (Blažič&Blažič, 2020).

Covid-19: la granularità dei dati

L’esperienza del COVID-19 ha lasciato emergere tutti i limiti e le fragilità del Sistema Sanitario Nazionale. I dati medici dei pazienti non sono stati sufficienti per gestire la pandemia: le informazioni avrebbero dovuto essere condivise e alla portata di tutti, scalando dai contesti locali per integrare il quadro in termini nazionali (Horgan et al., 2020).

Invece ciò che è emerso è stata una totale mancanza di centralizzazione (gestionale e tecnologica) e di un modello sanitario unico cui rifarsi, cui si aggiungono, nel caso italiano, le differenze di opportunità, di investimento e di reazione alla pandemia tra le Regioni, che hanno determinato ulteriori disparità, impedendo una rapida e univoca reazione alle ondate pandemiche, minando il bene comune.

Altrettanto fallimentare si è rivelata, purtroppo, l’APP Immuni, deputata al contact tracing del contagio e che avrebbe potuto giocare il proprio ruolo nel contrasto al COVID-19 – proprio grazie all’utilizzo e allo sfruttamento dei dati. L’APP del Ministero della Salute ha presentato da subito difformità di download e utilizzo tra le varie Regioni (con un numero complessivo di download ad ogni modo ridotto rispetto alle altre APP di tracciamento europee) e non esistono stime che sappiano dirci quanti contagi sia stata in grado di prevenire. Le notifiche inviate sono state poche in confronto ai numeri ufficiali dei positivi.

Non hanno sicuramente aiutato, nell’utilizzo della APP, le regole poco chiare, le spinte verso l’autonomia delle varie Regioni e le discussioni succedutesi sulla privacy (Big Data In Health, Chi ha ucciso l’app Immuni e perché – Big Data in Health2021). Quindi, le miniere di informazioni, letteralmente a portata di mano, non sono state assolutamente fruite per il vantaggio collettivo. 

Caso FSE (Fascicolo Sanitario Elettronico). Carenze persistenti

Non che in assenza di COVID-19 mancassero esempi sulle pecche dell’informatizzazione e digitalizzazione italiana e sugli archivi di dati sanitari: la pandemia ha solo puntato i riflettori in quella direzione. Si pensi all’investimento del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), introdotto nel 2012 ed oggi attivo ma non operativo: era stato pensato affinché cittadini, medici di Medicina Generale e strutture sanitarie accedessero in maniera trasparente e trasversale a dati e referti, ma l’effettivo utilizzo non lo rende una fonte affidabile.

In primo luogo, riferendoci al periodo 2021-2022, è impossibile non citare la mancanza di comunicazione tra i sistemi regionali: se una persona di Torino viene ospedalizzata a Roma, o viceversa, i sistemi delle due Regioni parlano linguaggi informatici diversi, quindi è quasi impossibile accedere al parco informazioni dell’utente.

La difformità d’utilizzo tra Regioni vale sempre una menzione di merito: in quasi ogni territorio sono tracciate delle mancanze (in alcune non ci sono risultati delle visite specialistiche, in altre dei Verbali di Pronto Soccorso, in altre degli esami radiologici), e in 11 addirittura non è consentito il pagamento delle prestazioni tramite FSE. La problematica però interessante da sottolineare, e sulla quale bisognerebbe forse focalizzare l’attenzione, è la carenza umana: moltissimi dati che avrebbero potuto essere presenti nel FSE, non sono state inseriti. 

Ad esempio, in 18 Regioni su 21 i medici di base non compilano il profilo sanitario del paziente, e molti dati sono stati caricati in modo poco utile; nelle 3 Regioni dove i medici provvedono in effettivo alla compilazione, sono pagati per farlo (Gabanelli & Ravizza,Risultati esami medici e analisi online: ecco come in 10 anni ci hanno mentito e illuso, Milena Gabanelli- Corriere.it 2022).

Questo crea dei gap non indifferenti in termini di patrimonio informativo collettivo, e si traduce in distribuzione di risorse non ponderate sui vari territori, non disponendo i decision makers di dati solidi su cui fare affidamento.

Fattore umano

Ogni software, APP o gestionale nella Sanità (e in qualsiasi altro ambito) che ambisca a semplificare e ottimizzare le esperienze dell’utenza, di base non può essere utile se la componente umana non lo alimenta con i dati.

L’infrastruttura tecnologica è sempre migliorabile, ma alla base la digitalizzazione passa per i professionisti socio-sanitari, che si trovano a dover integrare nel lavoro quotidiano nuove tecnologie e approcci, mettendo il paziente e le sue esigenze al centro.

Lo strumento digitale oggi deve affiancare i metodi tradizionali, e le interazioni professionista – paziente, in questo senso, si trasformano, richiedendo nuove competenze (Jarva et al., 2022): si pensi alla telemedicina, esplosa sull’onda della pandemia e per la quale sono stati messi in campo molti sforzi da governi e agenzie internazionali, per realizzare servizi e soluzioni adeguate ad una nuova ed impegnativa frontiera dell’assistenza (Horgan et al., 2020), o ai vari strumenti declinati per le Cure Domiciliari, che permettono ai professionisti, in questo segmento di lavoro, di tracciare e rendicontare il proprio operato.

Naturalmente, affinché il ciclo funzioni, e il sistema sanitario riesca a sfruttare appieno queste tecnologie e i dati che sono in grado di raccogliere, è necessaria in questo senso una forza lavoro alfabetizzata (Jimenez et al., 2020), nonché sufficientemente sensibilizzata sul tema della digitalizzazione, in grado di carpire quale ruolo chiave giochino, non soltanto nella relazione umana con il paziente, ma anche e soprattutto nella raccolta e condivisione di dati di qualità, in grado di orientare il progetto sociale su lungo termine.

Ad oggi, in Europa, la “forza lavoro sanitaria” sta invecchiando rapidamente: tra il 2008 e il 2016, la percentuale di persone con più di 50 anni è cresciuta dal 27,6% al 34,1%. Non sono nativi digitali e (…), per loro è più difficile apprendere nuove competenze in campo ICT. Questo è senz’altro tra i motivi per cui moltissimi sono restii ad avviarsi alla digitalizzazione, che viene vista come un onere che esula dalle competenze sanitarie. (European Commission, https://health.ec.europa.eu/system/files/2017-11/2017_companion_en_0.pdf2017).

Ad allarmare è dunque la reticenza del personale: opporsi all’uso di nuovi metodi di cura integrati con le tecnologie è sinonimo di una forza-lavoro poco cosciente delle opportunità che vengono perse e dei rischi a cui si va incontro. Bisogna investire in formazione e allineare il mindset con le direttive europee sulla digitalizzazione e sfruttare i fondi ricevuti con il PNRR.

Tornando al FSE, sono stati dati all’Italia 1.38 miliardi per adottare un unico sistema informatico nazionale e attrezzare, sia in termini informatici che di competenze da acquisire, le varie Regioni, in maniera da poter fruire dello strumento in modo ottimale. Nuove linee guida sanciscono precisamente quali documenti e dati è obbligatorio inserire da parte dei professionisti, e la scadenza entro cui il tutto dovrà andare a regime è giugno 2026 (Gabanelli e Ravizza, https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/risultati-esami-medici-pc-cosi-10-anni-ci-hanno-mentito-illuso/1ba122ae-e670-11ec-864b-88ccbc1cac69-va.shtml2022). La speranza è che si riesca ad andare oltre l’adeguamento informatico, scommettendo tutto su un’integrazione armonica uomo-macchina.

Per concludere

Esplicata dunque l’importanza di una funzionante infrastruttura tecnologica e di una giusta sensibilizzazione e formazione in merito alla digitalizzazione e alle competenze necessarie, l’auspicio è che i professionisti socio-sanitari prendano coscienza che nel nostro tempo la digitalizzazione non vada vissuta come uno strumento di controllo o come un onere amministrativo, bensì come attività integrante del proprio lavoro, votata alla cura della persona in modo prioritario, nonché preziosissima a livello macroscopico, quanto la relazione umana che si instaura.

È impensabile infatti, a fronte dell’esperienza COVID-19, pensare di farsi trovare impreparati dinnanzi a nuovi potenziali disastri o altre pandemie, e bisogna correre ai ripari quanto prima, assumendo che le competenze digitali devono essere prerequisito fondamentale e costola imprescindibile del proprio operato, specialmente in questi tempi e soprattutto nel caso della Sanità, dove ad essere messe in gioco sono la salute e le risorse pubbliche.
 
 



 BIBLIOGRAFIA:

  • Bates, D. W., Saria, S., Ohno-Machado, L., Shah, A., & Escobar, G. (2014). Big data in health care: using analytics to identify and manage high-risk and high-cost patients. Health affairs, 33(7), 1123-1131.
  • Big Data in Health (2021). Chi ha ucciso l’app Immuni e perché, in sezione “News e Interviste”. Reperibile da: Chi ha ucciso l’app Immuni e perché – Big Data in Health , data di ultima consultazione: 24/06/2022
  • Blažič, B. J., &Blažič, A. J. (2020). Overcoming the digital divide with a modern approach to learning digital skills for the elderly adults. Education and Information Technologies, 25(1), 259-279.
  • Bridi G., 2022 – Come saranno spesi i soldi del PNRR in Italia. Reperibile da: https://www.youtrend.it/2022/05/25/come-saranno-spesi-i-soldi-del-pnrr-in-italia/, data di ultima consultazione: 23/06/2022
  • Cavanillas, J. M., Curry, E., &Wahlster, W. (2016). New horizons for a data-driven economy: a roadmap for usage and exploitation of big data in Europe. Springer Nature.
  • Dencik, L., Redden, J., Hintz, A., & Warne, H. (2019). The’golden view’: data-driven governance in the scoring society. Internet Policy Review, 8(2), 1-24.
  • European Commission, State of Health in the EU, Companion Report 2017, https://health.ec.europa.eu/system/files/2017-11/2017_companion_en_0.pdf, data di ultima consultazione: 27/06/2022
  • Gabanelli M. & Ravizza S. (2022). Risultati di esami medici sul Pc, così per 10 anni ci hanno mentito e illuso, in sezione “Data Room” su Corriere della Sera. Reperibile da:https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/risultati-esami-medici-pc-cosi-10-anni-ci-hanno-mentito-illuso/1ba122ae-e670-11ec-864b-88ccbc1cac69-va.shtml , data di ultima consultazione: 24/06/2022.
  • Horgan, D., Hackett, J., Westphalen, C. B., Kalra, D., Richer, E., Romao, M., … & Montserrat, A. (2020). Digitalisation and COVID-19: the perfect storm. Biomedicine Hub, 5(3), 1-23.
  • Jarva, E., Oikarinen, A., Andersson, J., Tuomikoski, A. M., Kääriäinen, M., Meriläinen, M., &Mikkonen, K. (2022). Healthcare professionals’ perceptions of digital health competence: A qualitative descriptive study. Nursing open, 9(2), 1379-1393.
  • Jimenez, G., Spinazze, P., Matchar, D., Huat, G. K. C., van der Kleij, R. M., Chavannes, N. H., & Car, J. (2020). Digital health competencies for primary healthcare professionals: A scoping review. International journal of medicalinformatics, 143, 104260.
  • Pentland, A. S. (2013). The data-driven society. Scientific American, 309(4), 78-83.

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