di Danila Zuffetti ed Elisa Mencacci

Nell’accompagnamento al fine vita della persona fragile è necessario considerare prima di tutto la complessità che sottende alla fragilità stessa: anche una singola condizione clinica o un elemento di sofferenza della persona può di fatto aprire uno scenario di bisogni articolati che richiedono un intervento personalizzato ed integrato.

In tal senso le Cure Palliative rappresentano l’archetipo contemporaneo della Medicina della Complessità.

Esse si occupano infatti, indipendentemente dalla prognosi di vita residua, di prendersi carico delle persone che, a causa di patologie cronico-progressive ingravescenti, hanno sia una grave compromissione dello stato di salute sia della qualità di vita.

La presa in carico di tutti i professionisti che ne deriverà dovrà quindi necessariamente tenere conto di:

  • tutte le dimensioni di questa sofferenza: fisica, bio-psicosociale, spirituale
  • tutti i momenti del morire che comprendono la cura sanitaria del morire, il prendersi cura del morente da accompagnare, la tutela di coloro che hanno significato nella vita della persona nelle fasi del congedo e del lutto.

Le Cure Palliative e i bisogni narrativi delle persone fragili come modello di riferimento di cura personalizzata

Appare quindi quanto mai appropriato che un approccio alla Pianificazione Assistenziale personalizzata nelle persone fragili si inspiri al paradigma delle Cure Palliative.

La persona fragile che muore però ha anche “qualcosa da raccontare”, un bisogno correlato alla propria narrazione non solo di malattia ma anche di vita, che in questo momento si sta spegnendo.

La Medicina Narrativa rappresenta quell’approccio utile a far sì che il malato trovi quello spazio dedicato, sereno e consapevole dove poter raccontare ed essere ascoltato per trovare senso, dignità alla propria storia, ed anche mettere in piena luce nuovi bisogni che l’equipe di cura può raccogliere e trasformare in aiuto.

La medicina narrativa non rappresenta la semplice chiacchierata, non può essere improvvisata e richiede un allenamento e una formazione specifica, proprio per offrire il miglior supporto possibile. In tal senso, Rita Charon, che ne è la fondatrice, ce ne dà una definizione chiara:

“Possiamo definire narrativa quella medicina praticata con le competenze che ci permettono di riconoscere, recepire, interpretare le storie di malattia e reagirvi adeguatamente.

Grazie alla medicina narrativa, si può identificare meglio la malattia, trasmettere sapere e rispetto, collaborare con umiltà tra colleghi, accompagnare il paziente, insieme con la sua famiglia, lungo la sofferenza. Si possono offrire cure più etiche ed efficaci.

La medicina narrativa, si basa proprio sulla capacità di riconoscere, assimilare e interpretare le storie di malattia, per reagirvi adeguatamente, per offrire terapie più efficaci nel rispetto degli ammalati e di chi se ne prende cura”.

I bisogni narrativi

La raccolta dei bisogni narrativi e la loro integrazione nel piano individuale di cura possono di fatto “illuminare” le parti più al buio del fine vita.

Bisogni dell’anziano alla fine della vita

Tra i bisogni più importanti nell’anziano alla fine della vita:

  • informazione: chiara, puntuale, accurata, affidabile
  • comunicazione: tempestiva, onesta, aperta con la famiglia e con tutte le persone coinvolte, adeguata alle caratteristiche dell’anziano e alle sue capacità di comprensione, anche avvalendosi di modalità non verbali (videochiamata, social)
  • Cure e assistenza di qualità: cercare di mantenere il più possibile qualità nelle cure sanitarie, presenza di comfort, privacy, intimità, riposo e tranquillità
  • Gestione del dolore e altri sintomi: monitoraggio e terapia del dolore costante ed efficace. Il virus non deve impedire la rilevazione e il trattamento appropriato del dolore da parte dell’equipe curante. Molte delle paure da parte degli anziani possono essere riconducibili alla possibilità di non essere adeguatamente seguiti o curati
  • Espressione emotiva: poter esprimere sentimenti, sia positivi sia negativi; poter ringraziare, perdonare, esprimere rabbia, delusione, risentimento, paura, come normali reazioni che anche altri possono provare o condividere con noi
  • Spiritualità: avere l’opportunità di esplorare la propria dimensione spirituale (es.: momenti dedicati durante la giornata dove potersi raccogliere in privato, pregare, meditare, guardare la messa, o commemorare qualcuno)
  • Diritto al tempo: avere tempo per raccontare la propria storia, riaffermare la propria identità e il valore dato alla vita, avere tempo per vivere il proprio lutto
  • Essere rassicurati: sentire che non si sarà abbandonati – sentire la vicinanza emotiva, anche se non possibile quella fisica – da amici o famigliari particolarmente significativi, programmando per esempio una telefonata periodica; fissare dei momenti e pianificare cose da fare assieme; anche il personale sanitario o socio-assistenziale potrà ricordare periodicamente che la persona sarà seguita e che ci saranno comunque farmaci o possibilità di aiuto qualsiasi cosa succeda). Si dovrà cercare di mantenere sempre la speranza, che non è illusione, ma reale conforto: per esempio, ricordare all’anziano morente e alla sua famiglia che non rimarrà solo, che faremo tutto il possibile per tenere sotto controllo il dolore, per garantire il più possibile un ambiente confortevole
  • Potersi narrare: sentire di poter narrare di sé senza giudizio, dei bisogni più intimi, della corporeità che cambia, della morte, della fase terminale della vita, delle necessità burocratiche, ecc. Essere guidati da un consulente esperto di Medicina Narrativa che possa facilitare questo percorso

Nel percorso di accompagnamento alla fase finale della vita, diventa essenziale il riconoscimento di alcuni bisogni: emotivo-relazionali e spirituali.

Tra i bisogni emotivo-relazionali:

  • Bisogno di essere confermati come Persona: essere visti, essere riconosciuti, essere identificati
  • Bisogno di poter elaborare il proprio lutto, con tempi e modi propri
  • Bisogno di essere coinvolti, informati, ascoltati
  • Bisogno di preservare sé stessi all’interno di una rete di relazioni autentiche
  • Bisogno di connessioni (a sé stessi, al passato, a Dio, agli altri)
  • Bisogno di dare senso e significato preservando la dignità
  • Bisogno di narrare e narrarsi: oltre le parole.

Di fronte all’anziano morente (che ha già ricevuto una risposta adeguata rispetto alla propria sofferenza fisica) diventa più che mai essenziale mantenere l’attenzione a quei bisogni, esistenziali e spirituali che permangono come snodo cruciale nel mantenimento del benessere psicologico, in particolar modo di fronte alle perdite e al morire.

La dimensione spirituale e i bisogni correlati

Secondo una definizione del 2010, la spiritualità può essere intesa come “dimensione dinamica della vita umana che riguarda il modo personale (individuale e comunitario) di fare esperienza, il significato espresso e/o cercato, gli scopi e le trascendenze, i modi che connettono al momento, a sé stessi, agli altri, alla natura, al significante e/o al sacro (SICP)-

Essendo una dimensione umana, compete ad ogni componente dell’équipe.

I bisogni di tale dimensione sono correlati alla religione, al significato della vita, all’amore e all’appartenenza, alla morale, alla morte e al morire.

Nell’anziano i bisogni spirituali possono manifestarsi ed esprimersi in varie modalità, assolutamente personali, quali:

  • Sentirsi connessi con la propria famiglia
  • Riflettere sulla vita passata
  • Essere legato in modo significativo a qualcuno, amare
  • Sentirsi completo e al sicuro
  • Donare qualcosa di sé
  • Consolare qualcuno
  • Pregare per sé stessi
  • Ascoltare musica
  • Trasmettere le proprie esperienze di vita agli altri
  • Immergersi nella bellezza della natura
  • Partecipare a cerimonie religiose
  • Soffermarsi in un luogo di quiete e di pace
  • Parlare con qualcuno delle proprie paure e preoccupazioni
  • Rivolgersi a una presenza più alta
  • Ricevere più attenzioni
  • Trovare la pace interiore
  • Parlare con qualcuno delle domande sulla vita
  • Trovare senso nella malattia e nella sofferenza
  • Essere perdonato.

L’équipe di cura in RSA dovrebbe poter rispondere a questi bisogni, offrendo servizi dedicati e personale attento, competente, che sappia trovare spazio e modalità di espressione della spiritualità alla fine della vita. La spiritualità dovrebbe entrare a pieno titolo tra le dimensioni del PAI di accompagnamento, da esplorare, valutare, gestire attraverso interventi e obiettivi mirati.

La RSA che vorrei, F. Iurlaro, Editrice Dapero

La RSA che vorrei

Verso i Centri Servizi alla persona: la proposta dell’associazione RINATA

di Franco Iurlaro

“Gli autori, numerosi, che hanno collaborato alla realizzazione di questo libro, hanno fatto propria una prospettiva propositiva per uno sguardo verso il futuro, per quello che le nostre strutture possono offrire alle comunità locali negli anni che ci attendono”.

Verso la costruzione di un PAI di Accompagnamento

La costruzione del PAI basato sui bisogni di fine vita della persona fragile dovrebbe essere multidimensionale, multiprofessionale con una alta integrazione fra tutte le figure operanti nella equipe, in un’ottica di approccio palliativo e narrativo.

Questo PAI auspicabilmente si dovrebbe inserire all’interno di una pianificazione condivisa delle cure posta in essere sin dai primi momenti della presa in carico della persona.

Si parla di Primo Pai di Accompagnamento a partire dalla iniziale consapevolezza di una situazione di inguaribilità. Questo primo piano partirà dall’identificazione e valutazione di nuovi e diversi bisogni.

Questa fase di cura è contraddistinta da un approccio palliativo da parte di tutto il personale: si condivide che l’obiettivo non è più la guarigione o la riabilitazione di alcune funzioni ma una cura che garantisca qualità di vita e dignità, alleviando la persona e i familiari dalla presenza dei sintomi disturbanti del fine vita.

Il PAI di Accompagnamento dovrà contenere specifiche aree/ dimensioni trasversali alle varie discipline. Di queste identificare: bisogni (con relativi strumenti utilizzati) / obiettivi/ interventi / risultati attesi/ risorse coinvolte)

Dolore e gestione dei sintomi

Assessment del dolore: misurazione quantitativa / valutazione come approccio multidimensionale volto a esplorare tutte le componenti biopsicosociali dell’esperienza algica e le loro connessioni (intensità, durata, localizzazione e caratterizzazione qualitativa del dolore, sintomi associati come fatigue, alterazione del sonno o disfunzioni cognitive, credenze, contesto ecc.…)

Utilizzo di strumenti validati ed utili alla pratica quotidiana per la misurazione dell’intensità del dolore e per la valutazione degli esiti degli interventi terapeutici (pre- post): NRS / NOPPAIN /…

Colloquio clinico per approfondimento (osservazione auto-eterovalutativa quadro clinico, sociale, psichico, risorse psicosociali, motivazioni e adesioni al trattamento). Valutazione degli aspetti psicosociali del dolore: da annotare in diario.

Interventi farmacologici (ruolo antidepressivi nel trattamento del dolore) / psicosociali / spirituali / psicologici / approccio psicoeducativo/ narrativo/ interventi di gruppo / counseling individuale e familiare, rilassamento, mindfulness / fisioterapico / cure assistenza

Valutazione, trattamento e verifica degli esiti di tutti gli altri sintomi stanchezza – nausea – depressione – ansia – sonnolenza – dispnea – malessere – inappetenza – disturbi del sonno

Funzioni della vita quotidiane / autonomia e autodeterminazione

mantenimento spazi di autodeterminazione / scelte e decisioni ancora possibili/ aspetti legati all’area assistenziale – fisioterapica.

Distress psicologico / sofferenza esistenziale

presenza di angoscia, panico, paura del futuro, vergogna, senso di inutilità, ansia, terrore, agitazione o, più in generale, distress psicologico.

Spiritualità / credo religioso

espressione dei bisogni spirituali e di connessione (con gli altri, con sé stesso, con la natura, con Dio), meditazione, preghiera, partecipazione a rituali o cerimonie religiose, ascolto di musica o letture.

Area relazionale

Area familiare/ relazioni significative con l’ambiente e con altri significativi / sociale. In questo spazio è possibile inserire i bisogni relativi al sistema familiare o sociale che accompagna l’anziano. Alcuni esempi:

  • Difficoltà ad accettare e affrontare i cambiamenti connessi alla malattia e di conseguenza a prendere decisioni in merito all’assistenza
  • Fatica emotiva del caregiver
  • Fragilità e sofferenza emotiva a motivo della malattia
  • Contesto relazionale intrafamiliare problematico
  • Fatica assistenziale
  • Conflittualità con familiari e/o con equipe, …

Volontà e desideri

In questa sezione è possibile inserire una sezione dedicata alle volontà di fine vita. Disposizioni di trattamento anticipate o raccolte durante il momento dell’ingresso (Es obiettivo: favorire una maggiore consapevolezza delle volontà dell’anziano – intervento: incontri di educazione e condivisione sulla raccolta di volontà, consegna materiale e sostegno alla compilazione – risorse coinvolte psicologo/medico e famiglia).

Comfort / ambiente

Assistere l’anziano verso la fine della vita implica dover riorganizzare spazi e luoghi (fisici ma anche emotivi, affettivi) con l’obiettivo di rendere maggiormente confortevole la propria stanza, preparando a quello che potrebbe essere il momento della veglia finale. Tra gli accorgimenti: cura del corpo, fotografie o oggetti significativi, posizione del letto e visuale, luci, suoni, odori, multi sensorialità…

Ogni area verrà compilata sulla base della valutazione multidimensionale attraverso gli strumenti di valutazione e le osservazioni, la rilevazione di informazioni dal diario clinico di tutti gli operatori e dai Colloqui di Pianificazione Condivisa delle Cure effettuati nel percorso.

Nella fase iniziale di accompagnamento, i bisogni palliativi saranno rivolti prevalentemente a una maggiore consapevolezza della situazione attuale e futura, a bisogni informativi e di comprensione delle traiettorie di malattia, a una comunicazione chiara, onesta e veritiera in linea con i valori e le volontà dell’anziano. Avanzando nel tempo e nel percorso di cura, i bisogni potranno diventare sempre più specifici:

  • Bisogno di poter chiudere la propria vita senza dolori e sofferenze inutili
  • Bisogno di veder garantito un ambiente confortevole e familiare
  • Bisogno di un’assistenza delicata, flessibile, tenera
  • Bisogno di vivere ancora momenti di benessere, conforto, rilassamento.
  • Bisogno di morire come ha sempre vissuto, con i propri valori, abitudini, modalità peculiari.
  • Bisogno di mantenere spazi di contatto con gli altri
  • Bisogno di elaborare il proprio lutto (anticipatorio), cominciando a prepararsi a quello che potrà accadere
  • Bisogno di sicurezza, anche di fronte alla morte
  • Bisogno di sentirsi coinvolti, anziano e familiari sulle fasi finali.

I bisogni del corpo che muore

L’approccio palliativo potrà guidare fino agli ultimi momenti di vita dell’anziano, dove i bisogni saranno prevalentemente quelli di rispettare il corpo che muore, supporto e sostegno alla fine della vita, bisogno di vivere con naturalezza il proprio morire.

Le cure non termineranno con la morte dell’anziano, confermando il bisogno di essere curati, anche dopo la morte, di elaborare il proprio lutto (sempre, in modalità diverse) e, infine, il bisogno di chiudere e di “lasciare un’eredità”.

Lo scopo finale sarà quello di promuovere una maggiore consapevolezza rispetto alla cura della fine della vita, attraverso un approccio palliativo che possa valorizzare la qualità della vita, la dignità e il rispetto delle volontà dell’altro, sino alla fine.

I nostri valori di riferimento saranno quelli propri delle Cure Palliative e della Medicina Narrativa: non anticipare né posticipare la morte, ma prendersi cura in maniera attiva della persona e del suo sistema famigliare e sociale; individuare spazi dedicati emotivi ed esistenziali dove potersi narrare;

garantire per tutto il percorso di malattia e di vita questo approccio personalizzato multiprofessionale, allo scopo di sollevare e sostenere sempre il morente e le persone che lo accompagnano.

La narrazione permette di trasformare la cura e ci permette davvero di comprendere a pieno che cosa significa stare bene ed essere malati, trovare un legame profondo con l’altro e con sé stessi.

Per cambiare l’assistenza sanitaria è necessario proporre nuovi strumenti, nuovi modelli, svilupparli e dimostrarne l’efficacia, solo in questo modo riusciremo a superare un vecchio modello assistenziale e a mettere davvero la persona al centro della cura.

Bibliografia

  • tps://www.medicinanarrativa.network/wp-content/uploads/2021/03/Quaderno_n._7_02_CONSENSUS-CONF-FINALE_compressed.pd
  • Charon R., Medicina Narrativa. Onorare le storie dei pazienti, Raffaello cortine editore, 2019, Milano
  • Polvani S. Cura alle stelle. Manuale di salute narrativa, Seconda edizione, Emmebi Edizioni, Firenze, 2022
  • Dizionario di Medicina Narrativa. Parole e Pratiche, a cura di Marinelli M. Ed. Morcelliana, 2022
  • Mencacci, Zielo. (2023). Quando non si vuole vedere. Il corpo anziano”, in “Toccando l’oltre. Lo sguardo e la cura ai limiti del corpo”. Padova University Press.
  • Mencacci, Zielo. (2022). “Diritto di vivere e di morire con dignitas. Le sfide dell’etica nell’accompagnamento all’anziano fragile. Dalle DAT alla Pianificazione condivisa delle cure” in “Invecchiamento della popolazione e passaggi generazionali”. n.I, Edizioni Scientifiche Italiane.
  • Mencacci, Busato, Bordin. (2020). “Non sono più io. Come fronteggiare l’interminabile lutto nella demenza”. Casa Editrice Dapero.
  • Mencacci, et al. (2015). “Dalla malattia al lutto. Buone prassi per l’accompagnamento alla perdita”. Casa Editrice Ambrosiana – Zanichelli.