Probabilmente non ci siamo mai soffermati a lungo sul reale significato della parola comunicare, di quando e come la utilizziamo, della sua accezione e di come, già dal contesto nel quale la inseriamo, decidiamo di darle un valore aggiunto. Dall’urgente bisogno di un nuovo modo di comunicare e di entrare in relazione con gli anziani residenti in struttura, nasce un progetto e un nuovo strumento che potrà facilitare questa transizione.

Di Davide Zenaro, infermiere, e lo staff del progetto Myei.


Comunicare: cosa significa e perché è affine al prendersi cura

Comunicare non è solo raccontare, non è parlare o descrivere, comunicare è condividere, è mettere in comune qualcosa di proprio, di intimo, di importante. La parola comunicare si tinge di idee, sentimenti, emozioni, di vissuti ed esperienze. Comunicare è mettere in contatto.

Se ci soffermiamo a riflettere appare esplicito che nella parola comunicare è racchiuso proprio il significato sostanziale del prendersi cura all’interno delle RSA, concetto che non ha a che vedere soltanto con un aspetto meramente fisico, ma si intreccia con il vissuto dei residenti, con le aspettative, con ciò che era, con i ricordi, con i giorni e si mescola e si rinforza del loro sguardo e dell’esserci dell’operatore, con e per loro.

Le RSA: ora c’è bisogno di un nuovo comunicare

Per anni si è cercato di dare un nuovo valore, una nuova immagine alle RSA, non più intese come luoghi di riposo, nel quale l’anziano rimaneva in attesa con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra a cercare un ultimo spiraglio di vita là fuori. Si è invece cercato di descriverli per ciò che sono veramente: luoghi di vita, luoghi pieni, non solo di ricordi passati, ma di nuovi capitoli da scrivere e da raccontare.

Proprio quando sembrava di esserci quasi riusciti, è arrivata una pandemia, che ha allontanato, ha spaventato, ha inaridito, ha creato distanze laddove vi era vicinanza, diffidenza laddove vi era empatia, sterilità laddove c’era condivisione, bianco dove vi era colore.

Ecco allora che a chi opera nelle residenze per anziani è richiesto un ulteriore sforzo, quello di creare una nuova e rinnovata visione di queste strutture e degli operatori che in esse lavorano. È urgente il bisogno di nuove parole, di nuovi sguardi, di nuovi mezzi e strumenti, di nuova formazione, di un nuovo comunicare.

Come comunichiamo? Tempo della cura e tempo dell’anziano

L’abitudine più largamente diffusa, nonostante la letteratura ci guidi nella direzione opposta, è quella di mettere al centro l’operato del sanitario, i piani di lavoro, le organizzazioni, scanditi da un tempo che non sempre incontra quello dell’anziano, così come il nostro comunicare, il nostro vedere, il nostro sentire.

Se è vero che occorre dare nuova luce e significato, occorre farlo partendo dalle fondamenta e per fare ciò non vi è nulla di più semplice ed efficace del condividere le emozioni, espressioni intrinseche dell’essere umano che trova la sua massima espressione all’interno del contesto sociale e nell’interazione con le altre persone.

Non ci sono filtri, non ci sono finzioni, c’è solo vita. Reale, tangibile, sotto i nostri occhi ogni giorno, che chiede di riacquisire valore, colore e chiede di essere raccontata.

La vita cura, la vita che cura – come il bacio del principe che sveglia dal sonno la principessa delle fiabe – non è un medicinale, ma un gesto, un corpo.

RSA: luoghi di interazione e dunque di vita

Uno dei rischi maggiori all’interno delle RSA è proprio questo: dimenticarci di tutta la vita che abita al suo interno.

Non occorre solo comprendere che la centralità è altro da noi, è oltre a noi; in questo caso il focus è la persona anziana ma soprattutto l’interazione che si crea tra di essa e i professionisti sanitari che se ne prendono cura. In altre parole il focus è nella comunicazione

Molti degli anziani che entrano in RSA tuttavia, a causa di disabilità fisiche o cognitive, non sono in grado di comunicare. Accade così che interi pezzi di vita vissuti all’interno delle strutture non vengano condivisi con i familiari, e che diversamente dai dati sanitari non vengano nemmeno comunicati.

Il tempo dedicato alla comunicazione nella relazione di cura

Questo succede non solo perchè per formazione non sembra ci sia esplicitamente richiesto, ma anche perchè spesso molti di noi non sono in possesso degli strumenti che supportano tale azione, all’apparenza così scontata e semplice. È utile riportare come anche il Codice di Deontologia Medica all’articolo 20 “Relazione di cura” dichiara come il tempo dedicato alla comunicazione va considerato come tempo di cura che quindi trova il suo spazio all’interno della prestazione che deve essere sicuramente professionale, ma prima di tutto connotata da vicinanza empatica.

Il progetto Myei

Dall’insieme di queste riflessioni nasce Myei, un servizio di formazione per gli operatori sanitari che lavorano nelle RSA con il fine di migliorare la qualità di vita dei residenti attraverso la comunicazione.

Myei interrompe il silenzio e riempie di vita i giorni, dando voce a chi non ce l’ha, mantenendo vive le relazioni affettive e continuando a dare dignità alla storia di vita che merita di essere raccontata. Ogni credenza sulla vecchiaia è in realtà una storia e Myei fornisce una prospettiva sull’essere anziani che porta a riconoscere e valorizzare interpretazioni alternative di questa condizione.

Per riuscire a svolgere questo compito, Myei facilita la comunicazione tra anziano, familiare e RSA, permettendo al residente di condividere con i propri affetti i momenti della quotidianità attraverso lo sguardo e il supporto delle diverse figure professionali che incontra durante la giornata e che in questo modo lasciano una traccia.

Comunicare la quotidianità dell’anziano ai familiari

Il familiare, attraverso una semplice app, riceve una foto, un video, una frase, un pensiero, come se fosse raccontato dal proprio caro, ed è così reso direttamente partecipe della quotidianità, della vita e della storia della quale l’anziano è di nuovo protagonista.

L’idea di ricevere un’immagine, una foto, un sorriso, un nuovo taglio di capelli, di per sé può sembrare un concetto semplice, ma è il significato implicito che si cela dietro e dentro a quell’immagine, a quella foto, a quel sorriso che la rendono così importante, così piena di vita.

Pensiamo alle foto più iconiche, che hanno segnato epoche e che si sono insidiate nella nostra mente, come a dei collegamenti che ci rimandano a momenti ben precisi, a eventi che nessuno confonderebbe. Non sono le immagini in sé e per sé, ma quello che appare nello sfondo, il non raccontato, quello che emana quella foto, la forza di un volto, il significato assegnatogli.

Ecco allora che un’immagine può parlare, può raccontare, può condividere, può comunicare.

Cosa si prefigge Myei?

L’obiettivo di Myei non prevede il semplice saper mettere in condivisione o utilizzare uno strumento, ma intervenire nel miglioramento delle soft skills del professionista, favorendo il suo grado di empatia per raggiungere un outcome ben definito, ossia il benessere dell’anziano, del suo caregiver e dell’equipe interdisciplinare. Myei aiuta le persone che lavorano con gli anziani a essere coscienti del loro ruolo di creatori e narratori di storie.

Immaginiamo delle radici profonde, che si legano ad altre e che intessono rapporti, si intrecciano, cambiano il loro corso: il visibile in superficie spesso è davvero poco, ma al di sotto c’è un mondo fatto di strade, di legami, di vita. Myei è questo.

Restituire dignità e importanza all’invechiamento

L’anziano ha ancora molto da raccontare, le RSA e gli operatori sanitari hanno il dovere di farlo, perché l’ingresso in una struttura non è un arrivo, ma l’inizio di un nuovo percorso, perché la vita non si ferma e perché c’è bisogno di parlare di quello che accade, che ci accade, di quello che dentro si prova. C’è bisogno di mostrare quanta dignità e importanza c’è nell’invecchiamento, anche nel dolore e nella malattia. Questa dignità può essere raccontata e condivisa con la semplicità dei gesti quotidiani.

È la somma di tanti piccoli scorci di vita a raccontarci; a descriverci sono quello che abbiamo cantato sotto la doccia, o disegnato su un foglietto strappato, o scritto su un finestrino appannato, o che abbiamo assaggiato dal piatto del compagno di tavola, tutto ciò che di solito non viene raccontato, perché non ritenuto abbastanza importante e significativo, ma che in realtà descrive chi siamo, chi siamo stati e racconta di noi senza l’uso delle parole.

Ogni momento se osservato con occhi illuminati può riempirsi di significato.

Il progetto Myei crede che ogni attimo sia degno di essere condiviso. Perché ognuno di questi attimi è ancora pieno di vita che freme di essere raccontata.

Il workshop “Comuni-CARE” del 20 aprile

Il 20 aprile dalle 12:00 alle 13:30 si terrà il workshop Comuni-CARE: la tecnologia al servizio di desideri e bisogni comunicativi nelle Strutture per anziani, nell’ambito del MPC 2023, quest’anno incentrato sul tema “Come fare spazio ai desideri in RSA?

L’obiettivo del workshop è creare consapevolezza dell’importanza di prendersi cura della comunicazione all’interno delle Strutture Residenziali per anziani soprattutto nella relazione con persone che presentano demenza e con i loro familiari. Parleremo di come la formazione e l’utilizzo di un supporto tecnologico possa avere un impatto positivo in questa direzione.

 

Sfoglia la brochure del Meeting delle Professioni di Cura 2023.

Ti aspettiamo il 20 e 21 aprile a Piacenza,
presso la Volta del Vescovo.

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About the Author: Editrice Dapero

Casa Editrice Indipendente per una cultura condivisa nel settore dell’assistenza agli anziani.

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Probabilmente non ci siamo mai soffermati a lungo sul reale significato della parola comunicare, di quando e come la utilizziamo, della sua accezione e di come, già dal contesto nel quale la inseriamo, decidiamo di darle un valore aggiunto. Dall’urgente bisogno di un nuovo modo di comunicare e di entrare in relazione con gli anziani residenti in struttura, nasce un progetto e un nuovo strumento che potrà facilitare questa transizione.

Di Davide Zenaro, infermiere, e lo staff del progetto Myei.


Comunicare: cosa significa e perché è affine al prendersi cura

Comunicare non è solo raccontare, non è parlare o descrivere, comunicare è condividere, è mettere in comune qualcosa di proprio, di intimo, di importante. La parola comunicare si tinge di idee, sentimenti, emozioni, di vissuti ed esperienze. Comunicare è mettere in contatto.

Se ci soffermiamo a riflettere appare esplicito che nella parola comunicare è racchiuso proprio il significato sostanziale del prendersi cura all’interno delle RSA, concetto che non ha a che vedere soltanto con un aspetto meramente fisico, ma si intreccia con il vissuto dei residenti, con le aspettative, con ciò che era, con i ricordi, con i giorni e si mescola e si rinforza del loro sguardo e dell’esserci dell’operatore, con e per loro.

Le RSA: ora c’è bisogno di un nuovo comunicare

Per anni si è cercato di dare un nuovo valore, una nuova immagine alle RSA, non più intese come luoghi di riposo, nel quale l’anziano rimaneva in attesa con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra a cercare un ultimo spiraglio di vita là fuori. Si è invece cercato di descriverli per ciò che sono veramente: luoghi di vita, luoghi pieni, non solo di ricordi passati, ma di nuovi capitoli da scrivere e da raccontare.

Proprio quando sembrava di esserci quasi riusciti, è arrivata una pandemia, che ha allontanato, ha spaventato, ha inaridito, ha creato distanze laddove vi era vicinanza, diffidenza laddove vi era empatia, sterilità laddove c’era condivisione, bianco dove vi era colore.

Ecco allora che a chi opera nelle residenze per anziani è richiesto un ulteriore sforzo, quello di creare una nuova e rinnovata visione di queste strutture e degli operatori che in esse lavorano. È urgente il bisogno di nuove parole, di nuovi sguardi, di nuovi mezzi e strumenti, di nuova formazione, di un nuovo comunicare.

Come comunichiamo? Tempo della cura e tempo dell’anziano

L’abitudine più largamente diffusa, nonostante la letteratura ci guidi nella direzione opposta, è quella di mettere al centro l’operato del sanitario, i piani di lavoro, le organizzazioni, scanditi da un tempo che non sempre incontra quello dell’anziano, così come il nostro comunicare, il nostro vedere, il nostro sentire.

Se è vero che occorre dare nuova luce e significato, occorre farlo partendo dalle fondamenta e per fare ciò non vi è nulla di più semplice ed efficace del condividere le emozioni, espressioni intrinseche dell’essere umano che trova la sua massima espressione all’interno del contesto sociale e nell’interazione con le altre persone.

Non ci sono filtri, non ci sono finzioni, c’è solo vita. Reale, tangibile, sotto i nostri occhi ogni giorno, che chiede di riacquisire valore, colore e chiede di essere raccontata.

La vita cura, la vita che cura – come il bacio del principe che sveglia dal sonno la principessa delle fiabe – non è un medicinale, ma un gesto, un corpo.

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Uno dei rischi maggiori all’interno delle RSA è proprio questo: dimenticarci di tutta la vita che abita al suo interno.

Non occorre solo comprendere che la centralità è altro da noi, è oltre a noi; in questo caso il focus è la persona anziana ma soprattutto l’interazione che si crea tra di essa e i professionisti sanitari che se ne prendono cura. In altre parole il focus è nella comunicazione

Molti degli anziani che entrano in RSA tuttavia, a causa di disabilità fisiche o cognitive, non sono in grado di comunicare. Accade così che interi pezzi di vita vissuti all’interno delle strutture non vengano condivisi con i familiari, e che diversamente dai dati sanitari non vengano nemmeno comunicati.

Il tempo dedicato alla comunicazione nella relazione di cura

Questo succede non solo perchè per formazione non sembra ci sia esplicitamente richiesto, ma anche perchè spesso molti di noi non sono in possesso degli strumenti che supportano tale azione, all’apparenza così scontata e semplice. È utile riportare come anche il Codice di Deontologia Medica all’articolo 20 “Relazione di cura” dichiara come il tempo dedicato alla comunicazione va considerato come tempo di cura che quindi trova il suo spazio all’interno della prestazione che deve essere sicuramente professionale, ma prima di tutto connotata da vicinanza empatica.

Il progetto Myei

Dall’insieme di queste riflessioni nasce Myei, un servizio di formazione per gli operatori sanitari che lavorano nelle RSA con il fine di migliorare la qualità di vita dei residenti attraverso la comunicazione.

Myei interrompe il silenzio e riempie di vita i giorni, dando voce a chi non ce l’ha, mantenendo vive le relazioni affettive e continuando a dare dignità alla storia di vita che merita di essere raccontata. Ogni credenza sulla vecchiaia è in realtà una storia e Myei fornisce una prospettiva sull’essere anziani che porta a riconoscere e valorizzare interpretazioni alternative di questa condizione.

Per riuscire a svolgere questo compito, Myei facilita la comunicazione tra anziano, familiare e RSA, permettendo al residente di condividere con i propri affetti i momenti della quotidianità attraverso lo sguardo e il supporto delle diverse figure professionali che incontra durante la giornata e che in questo modo lasciano una traccia.

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Il familiare, attraverso una semplice app, riceve una foto, un video, una frase, un pensiero, come se fosse raccontato dal proprio caro, ed è così reso direttamente partecipe della quotidianità, della vita e della storia della quale l’anziano è di nuovo protagonista.

L’idea di ricevere un’immagine, una foto, un sorriso, un nuovo taglio di capelli, di per sé può sembrare un concetto semplice, ma è il significato implicito che si cela dietro e dentro a quell’immagine, a quella foto, a quel sorriso che la rendono così importante, così piena di vita.

Pensiamo alle foto più iconiche, che hanno segnato epoche e che si sono insidiate nella nostra mente, come a dei collegamenti che ci rimandano a momenti ben precisi, a eventi che nessuno confonderebbe. Non sono le immagini in sé e per sé, ma quello che appare nello sfondo, il non raccontato, quello che emana quella foto, la forza di un volto, il significato assegnatogli.

Ecco allora che un’immagine può parlare, può raccontare, può condividere, può comunicare.

Cosa si prefigge Myei?

L’obiettivo di Myei non prevede il semplice saper mettere in condivisione o utilizzare uno strumento, ma intervenire nel miglioramento delle soft skills del professionista, favorendo il suo grado di empatia per raggiungere un outcome ben definito, ossia il benessere dell’anziano, del suo caregiver e dell’equipe interdisciplinare. Myei aiuta le persone che lavorano con gli anziani a essere coscienti del loro ruolo di creatori e narratori di storie.

Immaginiamo delle radici profonde, che si legano ad altre e che intessono rapporti, si intrecciano, cambiano il loro corso: il visibile in superficie spesso è davvero poco, ma al di sotto c’è un mondo fatto di strade, di legami, di vita. Myei è questo.

Restituire dignità e importanza all’invechiamento

L’anziano ha ancora molto da raccontare, le RSA e gli operatori sanitari hanno il dovere di farlo, perché l’ingresso in una struttura non è un arrivo, ma l’inizio di un nuovo percorso, perché la vita non si ferma e perché c’è bisogno di parlare di quello che accade, che ci accade, di quello che dentro si prova. C’è bisogno di mostrare quanta dignità e importanza c’è nell’invecchiamento, anche nel dolore e nella malattia. Questa dignità può essere raccontata e condivisa con la semplicità dei gesti quotidiani.

È la somma di tanti piccoli scorci di vita a raccontarci; a descriverci sono quello che abbiamo cantato sotto la doccia, o disegnato su un foglietto strappato, o scritto su un finestrino appannato, o che abbiamo assaggiato dal piatto del compagno di tavola, tutto ciò che di solito non viene raccontato, perché non ritenuto abbastanza importante e significativo, ma che in realtà descrive chi siamo, chi siamo stati e racconta di noi senza l’uso delle parole.

Ogni momento se osservato con occhi illuminati può riempirsi di significato.

Il progetto Myei crede che ogni attimo sia degno di essere condiviso. Perché ognuno di questi attimi è ancora pieno di vita che freme di essere raccontata.

Il workshop “Comuni-CARE” del 20 aprile

Il 20 aprile dalle 12:00 alle 13:30 si terrà il workshop Comuni-CARE: la tecnologia al servizio di desideri e bisogni comunicativi nelle Strutture per anziani, nell’ambito del MPC 2023, quest’anno incentrato sul tema “Come fare spazio ai desideri in RSA?

L’obiettivo del workshop è creare consapevolezza dell’importanza di prendersi cura della comunicazione all’interno delle Strutture Residenziali per anziani soprattutto nella relazione con persone che presentano demenza e con i loro familiari. Parleremo di come la formazione e l’utilizzo di un supporto tecnologico possa avere un impatto positivo in questa direzione.

 

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