Un confronto con Davide Zenaro, per parlare di fuga del personale dalle RSA, degli ostacoli che portano a una scarsa motivazione nei confronti del proprio ruolo, e di quali soluzioni si possono attivare, lavorando in primis sulla cultura aziendale e sul clima gestionale.


Davide Zenaro è specialista di processi sociosanitari, ricopre il ruolo di direzione tecnica sociosanitaria presso Coopselios (Reggio Emilia).


Lavorare alla direzione tecnica spesso significa anche lavorare alla supervisione e gestione dei problemi organizzativi. Negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento radicale – spesso purtroppo in negativo – della cultura aziendale, e di conseguenza del clima organizzativo. Le motivazioni sono profonde meriterebbero una analisi approfondita, ma è indubbio che l’approccio emergenziale ha portato con sé non poche conseguenze, annullando in alcuni casi – o comunque andando a modificare – quello che è il profondo e reale approccio mirato alla persona nelle RSA.

La fuga del personale: un problema da affrontare quanto prima

Diventa sempre più necessario riappropriarsi del senso più profondo dell’assistenza, discostandosi da una visione che miri soltanto alla prestazione sanitaria ottimale. Questo può avvenire creando una cultura della cura basata sulla promozione del ruolo dei professionisti dell’assistenza, su un’attenta analisi del clima lavorativo, che riesca a cogliere le esigenze e le problematiche contestualizzandole ai vari momenti storici che le nostre strutture si trovano a vivere.

«Molto spesso lo scenario che mi si presenta è quello di un’organizzazione che non è in grado di ricordare ai propri operatori che una gestione del servizio soddisfacente si declina in benessere lavorativo

Il tema della fuga del personale dalle RSA e del cambiamento di lavoro nel settore sociosanitario rischia di diventare – e per alcune realtà già è – uno dei problemi più urgenti e costanti. Si tratta soprattutto di personale che, privo di senso di appartenenza alle organizzazioni, spesso “transita” per periodi brevissimi nei servizi per poi trovare collocazioni definitive o comunque alternative in altri settori. Ma anche per coloro che operano da più lungo termine nel settore non è affatto scontato riuscire a sopportare le fatiche connesse alla professione.

Quali soluzioni per arginare la fuga di personale dalle RSA?

Ci sono però tutta una serie di misure che, potrebbero migliorare la permanenza nella professione.

Per accedere nel modo giusto al mondo del lavoro è importante prepararsi a questo passo già durante la formazione e soprattutto durante i tirocini. Oltre a questa preparazione necessaria durante la formazione, pari importanza è assunta dall’organizzazione dell’inserimento lavorativo nel rispettivo servizio.

La formazione

Gli operatori lamentano nella formazione una scarsa aderenza alla prassi, a cui gli enti di formazione dovrebbero reagire con un orientamento meno teorico. Proprio per ambiti operativi come l’assistenza geriatrica ci si chiede se non sia più opportuno offrire meno nozioni teoriche generali a favore di un approccio più pragmatico. Per le formazioni accademiche si dovrebbe invece tendere possibilmente a un felice connubio tra teoria e prassi nella trasmissione del sapere. I futuri operatori del settore dovrebbero essere così in grado di capire meglio la realtà con cui dovranno confrontarsi e di proteggersi meglio dall’impatto con situazioni di criticità

I tirocini

I tirocini andrebbero considerati come elementi della formazione. Chi assume un tirocinante e lo guida dovrebbe essere consapevole della sua funzione e della responsabilità che ne deriva. Spesso però anche gli enti di formazione danno troppo poco peso ai tirocini. Durante la formazione i buoni voti nelle materie teoriche contano ancora molto di più che i profili pratici della formazione.

https://www.rivistacura.it/tirocinio-e-tirocinanti/

Colloqui di assunzione e piani di inserimento

Prima del vero e proprio avvio dell’attività lavorativa si dovrebbe trovare tempo per un esauriente colloquio di assunzione, in cui individuare da un lato gli obiettivi individuali e le aspettative dei nuovi collaboratori e dall’altro il mandato istituzionale, cioè la “mission” o la filosofia del servizio. È importante fornire fin dall’inizio un’esposizione realistica dell’attività futura.  Mentre si attribuisce importanza alle esigenze personali dell’utenza, si tende a trascurare spesso, all’atto dell’assunzione in vari servizi, un avviamento lavorativo personalizzato dei collaboratori. L’ avviamento al lavoro può essere migliorato e personalizzato mediante un rilevamento mirato dei punti di forza e di debolezza, un sostegno e un inserimento lavorativo apposito e rispondente alle esigenze, oltre alla disponibilità di interlocutori fissi.

Quali fattori influiscono sulla motivazione del personale?

Il tema della motivazione del personale è di certo molto complesso. I fattori possono essere molteplici. Di certo un ambiente stimolante, dove si lavora con un approccio orientato all’anziano, dove si soddisfano i suoi bisogni e necessità grazie a un’organizzazione che fornisce strumenti e mezzi per farlo, può essere considerato uno dei punti fondamentali.

È giusto quindi chiedersi se il ruolo del coordinatore o del direttore possa essere parte attiva nel creare motivazione, e se ci siano fattori ricorrenti riscontrati in quelle realtà in cui l’organico risulta più motivato che altrove.

La promozione della motivazione nell’organizzazione sociosanitaria

In quest’ottica spesso si sottovaluta la figura dei coordinatori/direttori di struttura, in quanto nell’immaginario comune il loro ruolo risulta più manageriale. In realtà il loro approccio e formazione possono influire su quella che è la motivazione del personale, e di conseguenza ridurre il fenomeno della fuga del personale dalle RSA.

Occorre investire maggiormente nei dirigenti dei servizi e migliorare la loro qualificazione, in modo che siano in condizione di comprendere il lavoro e le difficoltà dei loro collaboratori, e di reagire subito in modo da incentivarli. A tale scopo è necessario soprattutto che i superiori acquisiscano conoscenze approfondite in materia di:

  1. aspetti socio assistenziali dei servizi erogati. Con più attenzione e considerazione da parte del superiore per il lavoro tecnico, infatti, si potrebbero rimuovere più agevolmente non solo gli ostacoli e i disagi sul lavoro, bensì anche incrementare la sensazione del singolo lavoratore di essere apprezzato.
  2. supporto psicologico (come consulenza, coaching, ecc.). Come offerta aggiuntiva o alternativa alla supervisione di un esperto esterno, i dirigenti stessi potrebbero assumere una funzione di supporto nei confronti dei collaboratori.

Il potenziamento delle prospettive di sviluppo professionale

Quando non è possibile offrire avanzamenti di carriera, sarebbe raccomandabile una ricca offerta formativa come anche l’assunzione di funzioni formative, quindi di ruoli che pianifichino in maniera accurata la formazione interna del personale in seguito ad accurate analisi dei fabbisogni.

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Se ne avvantaggerebbero sia i formatori sia gli allievi. Sarebbero consigliabili innanzitutto l’avviamento al lavoro dei nuovi assunti e il supporto durante il tirocinio. All’interno del servizio si potrebbero utilizzare meglio le possibilità esistenti di coinvolgere i collaboratori nella formulazione degli obiettivi e nello sviluppo di adeguati orientamenti e strategie. In questo modo i suggerimenti potrebbero essere accolti meglio e la responsabilità condivisa. Soprattutto si potrebbe aumentare l’identificazione con il servizio e le prestazioni erogate.

Gli operatori si sentono poco gratificati per lo scarso riconoscimento che viene loro complessivamente tributato a livello sociale. Oltre alla poca considerazione e ai pregiudizi il problema è spesso semplicemente rappresentato dall’ignoranza. Questo fenomeno può essere sicuramente contrastato entro certi limiti da un’attività mirata di pubbliche relazioni dai servizi stessi.

 

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