Dall’incontro tra una consulente caregiver della Valle d’Aosta e una terapista occupazionale nasce un progetto che vuole colmare un vuoto: mettere in connessione famiglie che convivono con anziani fragili e professionisti specializzati di cui potrebbero aver bisogno, e che potrebbero offrire loro supporto.

Un progetto nato grazie ai social, che si realizza sui social in grado di sfruttare al massimo la potenzialità che questi canali hanno di mettere in connessione persone, bisogni e vissuti. Abbiamo intervistato Chantal Cerise e Cristina Sbaglia, professioniste della cura, fondatrici di Poli.insta.ambulatorio, che ci hanno raccontato come è nato e in cosa consiste il loro progetto.

Progetto Poli.insta.ambulatorio: cosa è e a chi si rivolge

Ce lo spiegano le fondatrici. Chantal Cerise è una consulente caregiver della Valle d’Aosta (laureata in scienze tecniche psicologiche e iscritta all’ordine degli psicologi). L’incontro con Cristina Sbaglia, terapista occupazionale (laureata in scienze cognitive e processi decisionali in ambito sanitario) lo definisce casuale, ma in grado di metterle subito in connessione.

«Mi sono ritrovata con Chantal» spiega Cristina «a riflettere sulla figura del caregiver, sul familiare che convive e si prende cura di un anziano fragile o con decadimento cognitivo. Quello che è emerso – quello che noi quotidianamente riscontriamo nei caregiver – è la sensazione di isolamento e solitudine che ci si trova a provare, in parte a causa dei tempi estremamente lunghi della sanità pubblica, e po’ perché manca sul territorio una rete tra i professionisti, o tra la famiglia e il medico. Così è nato il progetto: per colmare questo vuoto».

«Ci siamo trovate subito per organizzare questo luogo» prosegue Chantal «che potremmo definire di scambio, ma che in realtà è soprattutto di aiuto per i caregiver».

E in cosa consiste l’aiuto che questa pagina desidera offrire? Permettere ai caregiver di trovare, con la semplicità e l’immediatezza che caratterizza i canali social, professionisti specializzati che possano aiutarli nella quotidianità.

Come funziona il progetto Poli.insta.ambulatorio

«Siamo partite da Instagram» raccontano le fondatrici durante l’intervista. «Solo più tardi abbiamo collegato la pagina Facebook. Avevamo in mente di pubblicare i post lunedì, mercoledì e venerdì. Il lunedì e il venerdì erano dedicati ai liberi professionisti (dall’aromaterapeuta al geriatra, dall’infermiere allo psicologo e al terapista occupazionale)».
Inutile dire che la risposta non è tardata ad arrivare.

«Abbiamo fin da subito registrato un’enorme affluenza, e una grande varietà di professionisti. E questo è stato un bene perché ci sono patologie per cui una sola figura professionale non basta, ma ne servono tante da affiancare alla famiglia, perché ci sono i disturbi fisici, cognitivi, relazionali…».

Se il lunedì e il venerdì su Poli.insta.ambulatorio i professionisti si presentano all’utenza del proprio territorio, il mercoledì è invece dedicato a post che parlano delle agevolazioni di ogni regione.

«Ci siamo chieste perché fare tutto questo: non siamo un’associazione, siamo solo due colleghe che vogliono fare rete con altri colleghi e che vogliono poter essere di aiuto a chi cerca il supporto di un professionista. Con questa logica abbiamo deciso quindi che il mercoledì poteva essere dedicato alle informazioni di immediata utilità, ovvero alle agevolazioni regionali che ogni regione offre agli utenti».

Navigando sulle pagine Instagram e Facebook è facile trovare ciò che si sta cercando. I post si differenziano per colore in base alla regione a cui si riferiscono.

«La prossima settimana per esempio i post saranno tutti azzurri perché parleremo della Lombardia: lunedì e venerdì dei professionisti disponibili in quella regione; mercoledì delle agevolazioni regionali che offre la Lombardia. La settimana dopo ci sarà l’Emilia Romagna, poi la Puglia, la Calabria e così via…»

Tutto è nato dalla sensazione che dalla diagnosi al ricovero ci sia un gap, un vuoto.

«Il punto è che sembra, appunto, che ci sia» spiega Chantal «perché in realtà noi abbiamo avuto dei riscontri incredibili. In 20 giorni abbiamo ricevuto 100 professionisti che si occupano solo ed esclusivamente di questo. Sono professionisti in libera professione o magari neolaureati, che hanno in qualche modo iniziato ad affrontare il mondo del lavoro, che hanno fatto tirocini e si trovano a voler aiutare questa utenza di persone».

Come è nato il progetto

«Il nome» spiega Chantal Cerise «è stato pensato quando ancora pensavamo di restare solo su Instagram. Poi le cose sono cambiate. Sulla pagina Instagram ci sono alcune regioni come l’Emilia Romagna, il Veneto e la Lombardia, da dove sono arrivate veramente tante persone e per questo ci sono varie serie di post a loro dedicati. E ne sono arrivate anche dalla Sicilia, dalla Sardegna. Alla fine abbiamo coperto circa 17 regioni. Lasciamo spazio anche a professionisti alle prime armi. Alcuni non hanno la partita IVA, altri non hanno modo di farsi pagare e dunque hanno proposto di offrirsi come volontari: per loro dedicheremo uno spazio tra le agevolazioni che offrono le varie regioni». Oppure, prosegue, l’idea è quella di contattare associazioni di volontariato per compensare servizi a pagamento con servizi che per l’utenza risultino gratuiti.

Nella testa di un caregiver: di quali informazioni ha bisogno?

I post sono costruiti con l’intento di offrire informazioni utili agli utenti. «È facile trovare la regione grazie alle diverse colorazioni che abbiamo dato ai post» continua Cristina. «Ci siamo messe nei panni delle famiglie: una famiglia sta cercando professionisti in Lombardia? Guarderà i post in azzurro. Magari sta cercando qualcuno nella provincia di Varese. Trova un professionista: che lavoro fa? Basta scorrere il carosello per capirlo. Poniamo il caso sia un terapista occupazionale, come me, ok, ma un caregiver può non sapere cosa fa il terapista occupazionale. Ma basta scorrere e troverà tutte le informazioni su come questa professione, su come questa figura possa aiutarlo nella cura del proprio anziano. Infine i contatti: sull’ultima slide mettiamo sempre le modalità attraverso cui contattare il professionista».

Chi sono le fondatrici di Poli.insta.ambulatorio

Poli.insta.ambulatiorio nasce il 25 agosto del 2019, una data che Chantal ricorda bene.

«Quel giorno è mancata mia nonna. Sono stata una caregiver per lei per quattro anni, e già all’epoca avevo avuto problemi» racconta. «Trovare professionisti non era semplice, quindi con l’idea di fare qualcosa che potesse aiutare chi si trovava nella situazione in cui mi ero trovata io ho incontrato Cristina. Lei mi ha aiutato a concretizzare quella che era solo un’idea. Insieme siamo riuscite a darle forma e speriamo possa andare avanti sempre di più. Ci piacerebbe avere un sito internet dedicato alla nostra iniziativa, per esempio».

Chantal e Cristina si sono conosciute proprio grazie ai social. Chantal ha una pagina Instagram “La casa del Caregiver”, mentre Cristina Sbaglia gestisce la pagina “demenza_to”. Entrambe ce le raccontano.

«La pagina La casa del caregiver” nasce in seguito a questa perdita» spiega Chantal. «Pubblico spunti di riflessione più o meno una volta a settimana, per riuscire a dare, a chi segue la pagina, un punto di vista che non sempre si riesce a cogliere, che viene poi approfondito nella consulenza privata. È nata una bella community di circa 300 persone che guardano ogni giorno le mie storie. E mi rendo conto che piano piano le richieste stanno crescendo, e arrivano tante persone che cercano un aiuto. All’inizio non avrei mai pensato che l’online potesse essere una possibilità per questo settore… invece mi sono ricreduta. Il tempo è una materia preziosa, soprattutto se sei un caregiver. Per questo il mio impegno è nel dare quello che più serve, quello di cui si ha proprio bisogno. Così sono riuscita, con un lavoro costante, ad arrivare a sempre più persone».

La pagina di Cristina è nata più di recente, con l’obiettivo di far conoscere la terapia occupazionale. «È un argomento di cui si parla poco, ma credo che la terapia occupazionale a domicilio sia molto importante. Faccio dei reel dove non si parla perché ormai ho costruito questo mio schema. Prendo spunto da quello che mi dicono i pazienti o i caregiver, su cui è necessario lavorare. Mi piacerebbe lavorare anche su quello che è il non verbale, che molte volte è più importante del verbale. Vorrei parlare delle emozioni che si vivono e di come riconoscerle. A volte la persona malata non sa neanche esprimerle, e quindi con i suoi comportamenti esprime emozioni che se siamo in grado di riconoscere riusciamo a gestire al meglio».

Cosa NON è Poli.insta.ambulatorio

«Cosa non è Poli.insta.ambulatorio? Sicuramente non vuole essere una vetrina in cui offriamo lavoro, perché non offriamo lavoro. Magari non chiama nessuno. Però quello che chiama lo fa perché ha realmente bisogno e vorremmo offrire una mano concreta» dice Chantal.

«Chantal è stata caregiver di sua nonna,» spiega Cristina «io sono stata caregiver di mia madre, che aveva un’altra malattia. Non c’è più ormai, ma mi sono trovata nella stessa difficoltà. Quindi so esattamente cosa vuol dire trovarsi da soli, quando in effetti non lo si è. Perché sapendo dove andare a cercare la gente che ti può aiutare si scopre che ce n’è e tanta.

Chantal Cerise e Cristina Sbaglia sono riuscite a trasformare un dolore in un impegno proattivo e positivo per gli altri, mettendo a frutto la loro esperienza nel campo.

«Tutto a titolo gratuito,» aggiunge Cristina Sbaglia «nel senso che noi lo facciamo perché ci crediamo e perché vogliamo andare a compensare quelle che sono state le nostre mancanze. Quindi non è per far sì che il professionista sia visibile attraverso di noi. Noi non chiediamo nulla, è solo un servizio che offriamo. È come se io avessi un collega in Valle d’Aosta e qualcuno mi chiedesse se conosco qualcuno proprio lì. Gli direi: “Guarda, conosco Chantal che è laureata in scienze e tecniche psicologiche e abita esattamente dove abiti te. Se vuoi chiamarla questo è il suo numero”».

«Come dicevamo non siamo un’associazione,» prosegue Chantal Cerise «lo dico perché ce lo chiedono: siamo noi che abbiamo messo a disposizione il nostro tempo. Insomma, questo è giusto dirlo: l’idea e il tempo sono nostre. E quindi l’iniziativa. Avevamo idee simili in testa, sono nate insieme e poi si sono incontrate, ci siamo rese conto che stavamo pensando alla stessa cosa. Vorremmo creare una mega equipe multidisciplinare di colleghi che collaborino sul territorio italiano. Non vogliamo offrire lavoro, ma solo colmare quel vuoto che alcune famiglie sperimentano. Poi quello che succede, succede. In questi 20 giorni, a parte i 100 professionisti, sono già arrivate delle richieste da parte dei caregiver, e siamo riuscite a metterli in contatto con le persone che cercavano».

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