Paola Tosoni e Fabiana Galli, rispettivamente fisioterapista ed educatrice della Fondazione Beata Cristina di Calvisano (BS), raccontano di una giornata di festa vissuta all’interno della loro RSA, ma lo fanno con uno sguardo particolare. Le modalità e le finalità con cui è stata pensata e organizzata sono infatti fuori dall’ordinarietà. Una testimonianza che può ispirare altre realtà che vogliano coltivare il senso di comunità al proprio interno e con i cittadini.
De-ospedalizzare l’RSA
Per la nostra RSA il 2024 è stato l’anno degli importanti interventi di ristrutturazione Superbonus 110%: nuove tende da sole esterne, cappotto termico, nuovo fotovoltaico con batterie di accumulo, nuove caldaie con pompe di calore e centralizzazione del controllo temperature.
La ristrutturazione è di fatto stata un’opportunità importante per allenare la collaborazione di tutti, per gestire al meglio gli inevitabili disagi, dovuti al rumore e alle ri-organizzazioni straordinarie di spazi, tempi e della quotidianità.
Ma il 2024 è stato anche l’anno in cui abbiamo spinto l’acceleratore sul viaggio di de-ospedalizzazione e cura già iniziato da qualche anno, continuando a modellare un ambiente sempre più accogliente e protesico, e promotore dell’autonomia e della dignità.
Tutto questo ha comportato investimenti sia economici sia umani, oltre all’impiego di tempo straordinario.
Grazie al prezioso lavoro di ciascuno, il termine dei lavori ci ha consegnato una Casa rinnovata e all’avanguardia, ma anche una Cura sempre più di qualità.
Ci siamo quindi resi conto che avevamo traguardi importanti da celebrare, insieme alla nostra comunità.
Presto è arrivata un’occasione per festeggiare, che abbiamo trasformato in opportunità per svelare e far riscoprire l’affascinante mondo della grande anzianità.
La festa patronale della Beata Cristina
Ma chi avrebbe dovuto fare tutto ciò? Non esiste nella nostra organizzazione lo staff “festeggiamenti importanti!”!
Così tra una pausa caffè e un “sarebbe bello accadesse…”, si è istituito spontaneamente il primitivo “team inaugurazione Beata Cristina” (che fantasia!): presidente, direttore, 2 fisioterapiste, l’educatrice e la segretaria.
Quando? Il 14 febbraio.
Sì, perché per tutto il mondo questa è “solo” la ricorrenza degli innamorati, ma per il nostro paese è innanzitutto la festa patronale della Beata Cristina, a cui la nostra residenza è intitolata.

Un’occasione per sentirsi Comunità
Quale occasione migliore per aprire le porte della nostra rinnovata Casa al territorio? Sicuramente questa!
Avevamo da progettare un’esperienza straordinaria da far vivere e da poter ricordare, per i nostri residenti, le loro famiglie, i volontari, i visitatori e per tutti i presenti, per sentirci comunità.
Per noi operatori era anche l’occasione per vivere insieme a loro tempo di vita distante dalla delicata quotidianità della cura.
Per chi invece è stato nostro ospite per la prima volta: una “casa” da conoscere, una quotidianità da esplorare e una nuova cultura della cura da scoprire.
Insomma, visi da illuminare e cuori da far vibrare: tanta roba!
Chi invitare? Tutti.
Ma senza dubbio prima i residenti con le loro famiglie, poi gli operatori, i volontari, il CDA, e tutte le associazioni del territorio, il Monsignore e i parroci, le autorità politiche e i cittadini del paese… e anche i benvenuti curiosi!
Ma da dove partire? Sicuramente dai nostri valori di riferimento:
Bellezza
Accuratezza
Condivisione
E dal lasciarci ispirare per renderli concreti in ogni scelta e gesto.
Abbiamo dovuto pensare fuori dagli schemi e al di là dei ruoli, attingendo a tutta la nostra competenza ed empatia, per poter far vivere a tutti i partecipanti, anche ai nostri residenti più fragili, la meraviglia e il valore della giornata speciale.
Il 14 febbraio 2025 tutto ciò è accaduto davvero nella nostra RSA.
Lo sguardo rivolto ai residenti
Come tutte le RSA siamo nati come un prolungamento dell’ospedale, ma non vogliamo e non possiamo essere un ospedale, perché oggi anche le evidenze scientifiche ci dicono che quel modello non funziona più per dare cura di qualità e benessere.
Così noi abbiamo scelto di essere una Casa e una Comunità.
Per questo, per far godere davvero appieno questa giornata di festa a ogni residente, abbiamo valutato i loro interessi, desideri, predisposizioni e fragilità, per poi proporre tre diverse esperienze significative durante la giornata: cerimonia del taglio del nastro, solenne celebrazione eucaristica e visita del Monsignore con Santa benedizione dedicata alle persone più fragili.
Ogni dettaglio è stato pensato come strumento e scelto con accuratezza, per far vivere una memorabile piacevole mattinata, per celebrare con orgoglio la bellezza della propria casa e ambiente di vita e per far sentire a proprio agio i residenti in tutti i momenti della cerimonia:
- sedute programmate in base alle relazioni positive tra loro e accanto ai loro parenti;
- catering con servizio al tavolo per tutti, al fine di non sfavorire o sottolineare le disabilità motorie.
Abbiamo voluto concretizzare l’attenzione riservata ad ogni residente e invitato (bicchieri di vetro/invito personale consegnato a mano, personalizzazioni e accordi verbali con parenti e operatori…) e scelto di presentarci e raccontarci anche a visitatori non abituali e alle realtà territoriali:
- catering affidato alla scuola alberghiera del territorio;
- inviti alle autorità e alle associazioni, ai cittadini del paese…
Abbiamo usato l’influenza di un ambiente bello e sontuoso per esaltare l’importanza dei contenuti da esporre:
- tavoli con centrotavola floreali, tovagliato da cerimonia, musica di sottofondo all’accoglienza;
- un palco con quinta per sottolineare l’importanza delle parole e per focalizzare l’attenzione sugli oratori;
- il giusto volume del microfono, la delicata profumazione nell’ambiente…
Abbiamo colto l’occasione per far conoscere e “toccare con mano e con cuore” cosa intendiamo per “cura”, bellezza e accuratezza (ambiente accogliente, discorso semplice e intenso sulla cura, condivisione delle emozioni vissute e interazione tra tutti presenti).
Ogni messaggio è stato rafforzato con dettagli scelti con intenzionalità:
- scelta dell’abbigliamento giacca/divisa/camice degli operatori presenti per essere riconoscibili;
- luce spenta durante la canzone finale per facilitare il raccoglimento;
- alzate centrotavola che non limitassero la visuale;
- rispetto di tempi e orari per preservare i ritmi della quotidianità…
Da RSA a casa: ambienti, persone e desideri
Di seguito, trasmettiamo una parte del discorso sulla cura:
«Abbiamo parlato di come siamo orgogliosi di avere reso bella e funzionale la nostra struttura a livello esterno, ma la Beata Cristina non è solo muri.
Vi sarete accorti dei cambiamenti nell’ambiente: del “fuori” se ne sono occupati i professionisti edili che hanno concluso i lavori; per la parte “dentro” invece, c’è una squadra di persone che lavora ininterrottamente h24 per coltivare e promuovere bellezza di spazi, relazioni, esperienze, vita: tutta la Beata Cristina.
Sono stati avviati, da un paio di anni, tanti interventi mirati a s-medicalizzare l’ambiente, per renderlo un luogo più accogliente, cercando di nascondere oggetti e macchinari sanitari, necessari sì per il lavoro, ma che non sanno di casa.
Sono stati pensati con accuratezza e inseriti elementi che rendono gli spazi più riconoscibili e simili a quelli di una casa domestica (mobili, stampe, tende, piante, aromi, tinteggiature); spazi più accessibili che orientano e che promuovono l’autonomia di chi vi abita; spazi più sicuri e personalizzati, con elementi che raccontano la propria identità.
Un ambiente che fa stare bene chi lo vive: Residenti, Operatori, Famiglie, Volontari e Visitatori.
Vi invito ora a pensare a ciò che vivono i nostri residenti, quando varcano la nostra porta: immaginate di dover lasciare la vostra casa per andare in un ospedale e per rimanerci per tutto l’ultimo periodo di vita.
Immaginatevi questo ambiente con corridoi nudi e impersonali, spazi poco curati e arredi che parlano di funzionalità sanitaria più che di vita.
Immaginatevi invece ora di dovervi trasferire in un luogo in cui ogni dettaglio è pensato per accogliervi, per dirvi:
“questo è il tuo posto, benvenuto, sei a casa”.
Questo vogliamo trasmettere con le nostre scelte e i nostri ambienti.
Ma la qualità di vita delle persone anziane non dipende solo dagli ambienti che abitano, ma anche dalle cure che ricevono.
Dipende da una nuova casa, che sa di comunità, in cui ci sono sì professionisti, come l’Infermiere, il Medico, le Fisioterapiste, gli Educatori, ma che soprattutto sono persone conosciute, punti di riferimento: la “mia” Infermiera Monica, la “mia” Operatrice Giusy, la “mia” fisioterapista Paola …
Il periodo del Covid ci ha dato l’opportunità di uno sguardo nuovo, di un’osservazione attenta e profonda non solo dei bisogni delle persone di cui ci prendiamo cura, ma anche dei loro desideri: è nata così l’esigenza urgente e concreta di un cambiamento.
Scegliamo che i nostri Residenti non siano solo la malattia: in tutte le fasi del percorso di vita scegliamo di concentrarci sui loro desideri, sulle loro passioni, sulle loro volontà, sui loro sentimenti, sui loro tempi.
Scegliamo di intrecciare con loro e con le loro famiglie relazioni di fiducia e conoscenza per poter vivere insieme tempo di qualità.
Crediamo nella bellezza e nelle possibilità della fragilità umana e quindi ci impegniamo ad accoglierla, valorizzarla e trasformarla in opportunità di felicità, fino alla fine».
Relazioni oltre stigmi e pregiudizi
Per chiudere: silenzio e luci abbassate per godere delle parole del cantautore Simone Cristicchi, che proprio la sera prima aveva debuttato al Festival di San Remo e che, in musica, ha saputo raccontare anche un po’ di noi:
“Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei,
ti starò vicino come non ho fatto mai,
rallenteremo il passo se camminerò veloce,
parlerò al posto tuo, se ti si ferma la voce…”.
Al termine, asciugata qualche inaspettata e sincera lacrima di commozione, avvio alla festa con champagne, buffet e momenti di relazione privi di stigmi, di pregiudizi e di paure.
Nei Residenti e in tutte le persone della comunità presenti, evidente era il senso di appartenenza a questa Casa, capace di creare occasioni privilegiate di contatto con la grande anzianità, come questa festa, in cui si è fatto il possibile per svelare un mondo ancora molto da riscoprire.
Non sono state da meno le altre due emozionanti esperienze vissute con i nostri residenti più fragili, ma di queste racconteremo in un prossimo “capitolo”.
TERRITORIO
Eventi e Cultura

Semi di CURA
NEWSLETTER
Esiste un significato profondo nel lavoro di CURA e una ricchezza nascosta in RSA?
La newsletter
«Semi di CURA»
indaga questo e lo racconta ogni ultimo venerdì del mese.
Paola Tosoni e Fabiana Galli, rispettivamente fisioterapista ed educatrice della Fondazione Beata Cristina di Calvisano (BS), raccontano di una giornata di festa vissuta all’interno della loro RSA, ma lo fanno con uno sguardo particolare. Le modalità e le finalità con cui è stata pensata e organizzata sono infatti fuori dall’ordinarietà. Una testimonianza che può ispirare altre realtà che vogliano coltivare il senso di comunità al proprio interno e con i cittadini.
De-ospedalizzare l’RSA
Per la nostra RSA il 2024 è stato l’anno degli importanti interventi di ristrutturazione Superbonus 110%: nuove tende da sole esterne, cappotto termico, nuovo fotovoltaico con batterie di accumulo, nuove caldaie con pompe di calore e centralizzazione del controllo temperature.
La ristrutturazione è di fatto stata un’opportunità importante per allenare la collaborazione di tutti, per gestire al meglio gli inevitabili disagi, dovuti al rumore e alle ri-organizzazioni straordinarie di spazi, tempi e della quotidianità.
Ma il 2024 è stato anche l’anno in cui abbiamo spinto l’acceleratore sul viaggio di de-ospedalizzazione e cura già iniziato da qualche anno, continuando a modellare un ambiente sempre più accogliente e protesico, e promotore dell’autonomia e della dignità.
Tutto questo ha comportato investimenti sia economici sia umani, oltre all’impiego di tempo straordinario.
Grazie al prezioso lavoro di ciascuno, il termine dei lavori ci ha consegnato una Casa rinnovata e all’avanguardia, ma anche una Cura sempre più di qualità.
Ci siamo quindi resi conto che avevamo traguardi importanti da celebrare, insieme alla nostra comunità.
Presto è arrivata un’occasione per festeggiare, che abbiamo trasformato in opportunità per svelare e far riscoprire l’affascinante mondo della grande anzianità.
La festa patronale della Beata Cristina
Ma chi avrebbe dovuto fare tutto ciò? Non esiste nella nostra organizzazione lo staff “festeggiamenti importanti!”!
Così tra una pausa caffè e un “sarebbe bello accadesse…”, si è istituito spontaneamente il primitivo “team inaugurazione Beata Cristina” (che fantasia!): presidente, direttore, 2 fisioterapiste, l’educatrice e la segretaria.
Quando? Il 14 febbraio.
Sì, perché per tutto il mondo questa è “solo” la ricorrenza degli innamorati, ma per il nostro paese è innanzitutto la festa patronale della Beata Cristina, a cui la nostra residenza è intitolata.

Un’occasione per sentirsi Comunità
Quale occasione migliore per aprire le porte della nostra rinnovata Casa al territorio? Sicuramente questa!
Avevamo da progettare un’esperienza straordinaria da far vivere e da poter ricordare, per i nostri residenti, le loro famiglie, i volontari, i visitatori e per tutti i presenti, per sentirci comunità.
Per noi operatori era anche l’occasione per vivere insieme a loro tempo di vita distante dalla delicata quotidianità della cura.
Per chi invece è stato nostro ospite per la prima volta: una “casa” da conoscere, una quotidianità da esplorare e una nuova cultura della cura da scoprire.
Insomma, visi da illuminare e cuori da far vibrare: tanta roba!
Chi invitare? Tutti.
Ma senza dubbio prima i residenti con le loro famiglie, poi gli operatori, i volontari, il CDA, e tutte le associazioni del territorio, il Monsignore e i parroci, le autorità politiche e i cittadini del paese… e anche i benvenuti curiosi!
Ma da dove partire? Sicuramente dai nostri valori di riferimento:
Bellezza
Accuratezza
Condivisione
E dal lasciarci ispirare per renderli concreti in ogni scelta e gesto.
Abbiamo dovuto pensare fuori dagli schemi e al di là dei ruoli, attingendo a tutta la nostra competenza ed empatia, per poter far vivere a tutti i partecipanti, anche ai nostri residenti più fragili, la meraviglia e il valore della giornata speciale.
Il 14 febbraio 2025 tutto ciò è accaduto davvero nella nostra RSA.
Lo sguardo rivolto ai residenti
Come tutte le RSA siamo nati come un prolungamento dell’ospedale, ma non vogliamo e non possiamo essere un ospedale, perché oggi anche le evidenze scientifiche ci dicono che quel modello non funziona più per dare cura di qualità e benessere.
Così noi abbiamo scelto di essere una Casa e una Comunità.
Per questo, per far godere davvero appieno questa giornata di festa a ogni residente, abbiamo valutato i loro interessi, desideri, predisposizioni e fragilità, per poi proporre tre diverse esperienze significative durante la giornata: cerimonia del taglio del nastro, solenne celebrazione eucaristica e visita del Monsignore con Santa benedizione dedicata alle persone più fragili.
Ogni dettaglio è stato pensato come strumento e scelto con accuratezza, per far vivere una memorabile piacevole mattinata, per celebrare con orgoglio la bellezza della propria casa e ambiente di vita e per far sentire a proprio agio i residenti in tutti i momenti della cerimonia:
- sedute programmate in base alle relazioni positive tra loro e accanto ai loro parenti;
- catering con servizio al tavolo per tutti, al fine di non sfavorire o sottolineare le disabilità motorie.
Abbiamo voluto concretizzare l’attenzione riservata ad ogni residente e invitato (bicchieri di vetro/invito personale consegnato a mano, personalizzazioni e accordi verbali con parenti e operatori…) e scelto di presentarci e raccontarci anche a visitatori non abituali e alle realtà territoriali:
- catering affidato alla scuola alberghiera del territorio;
- inviti alle autorità e alle associazioni, ai cittadini del paese…
Abbiamo usato l’influenza di un ambiente bello e sontuoso per esaltare l’importanza dei contenuti da esporre:
- tavoli con centrotavola floreali, tovagliato da cerimonia, musica di sottofondo all’accoglienza;
- un palco con quinta per sottolineare l’importanza delle parole e per focalizzare l’attenzione sugli oratori;
- il giusto volume del microfono, la delicata profumazione nell’ambiente…
Abbiamo colto l’occasione per far conoscere e “toccare con mano e con cuore” cosa intendiamo per “cura”, bellezza e accuratezza (ambiente accogliente, discorso semplice e intenso sulla cura, condivisione delle emozioni vissute e interazione tra tutti presenti).
Ogni messaggio è stato rafforzato con dettagli scelti con intenzionalità:
- scelta dell’abbigliamento giacca/divisa/camice degli operatori presenti per essere riconoscibili;
- luce spenta durante la canzone finale per facilitare il raccoglimento;
- alzate centrotavola che non limitassero la visuale;
- rispetto di tempi e orari per preservare i ritmi della quotidianità…
Da RSA a casa: ambienti, persone e desideri
Di seguito, trasmettiamo una parte del discorso sulla cura:
«Abbiamo parlato di come siamo orgogliosi di avere reso bella e funzionale la nostra struttura a livello esterno, ma la Beata Cristina non è solo muri.
Vi sarete accorti dei cambiamenti nell’ambiente: del “fuori” se ne sono occupati i professionisti edili che hanno concluso i lavori; per la parte “dentro” invece, c’è una squadra di persone che lavora ininterrottamente h24 per coltivare e promuovere bellezza di spazi, relazioni, esperienze, vita: tutta la Beata Cristina.
Sono stati avviati, da un paio di anni, tanti interventi mirati a s-medicalizzare l’ambiente, per renderlo un luogo più accogliente, cercando di nascondere oggetti e macchinari sanitari, necessari sì per il lavoro, ma che non sanno di casa.
Sono stati pensati con accuratezza e inseriti elementi che rendono gli spazi più riconoscibili e simili a quelli di una casa domestica (mobili, stampe, tende, piante, aromi, tinteggiature); spazi più accessibili che orientano e che promuovono l’autonomia di chi vi abita; spazi più sicuri e personalizzati, con elementi che raccontano la propria identità.
Un ambiente che fa stare bene chi lo vive: Residenti, Operatori, Famiglie, Volontari e Visitatori.
Vi invito ora a pensare a ciò che vivono i nostri residenti, quando varcano la nostra porta: immaginate di dover lasciare la vostra casa per andare in un ospedale e per rimanerci per tutto l’ultimo periodo di vita.
Immaginatevi questo ambiente con corridoi nudi e impersonali, spazi poco curati e arredi che parlano di funzionalità sanitaria più che di vita.
Immaginatevi invece ora di dovervi trasferire in un luogo in cui ogni dettaglio è pensato per accogliervi, per dirvi:
“questo è il tuo posto, benvenuto, sei a casa”.
Questo vogliamo trasmettere con le nostre scelte e i nostri ambienti.
Ma la qualità di vita delle persone anziane non dipende solo dagli ambienti che abitano, ma anche dalle cure che ricevono.
Dipende da una nuova casa, che sa di comunità, in cui ci sono sì professionisti, come l’Infermiere, il Medico, le Fisioterapiste, gli Educatori, ma che soprattutto sono persone conosciute, punti di riferimento: la “mia” Infermiera Monica, la “mia” Operatrice Giusy, la “mia” fisioterapista Paola …
Il periodo del Covid ci ha dato l’opportunità di uno sguardo nuovo, di un’osservazione attenta e profonda non solo dei bisogni delle persone di cui ci prendiamo cura, ma anche dei loro desideri: è nata così l’esigenza urgente e concreta di un cambiamento.
Scegliamo che i nostri Residenti non siano solo la malattia: in tutte le fasi del percorso di vita scegliamo di concentrarci sui loro desideri, sulle loro passioni, sulle loro volontà, sui loro sentimenti, sui loro tempi.
Scegliamo di intrecciare con loro e con le loro famiglie relazioni di fiducia e conoscenza per poter vivere insieme tempo di qualità.
Crediamo nella bellezza e nelle possibilità della fragilità umana e quindi ci impegniamo ad accoglierla, valorizzarla e trasformarla in opportunità di felicità, fino alla fine».
Relazioni oltre stigmi e pregiudizi
Per chiudere: silenzio e luci abbassate per godere delle parole del cantautore Simone Cristicchi, che proprio la sera prima aveva debuttato al Festival di San Remo e che, in musica, ha saputo raccontare anche un po’ di noi:
“Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei,
ti starò vicino come non ho fatto mai,
rallenteremo il passo se camminerò veloce,
parlerò al posto tuo, se ti si ferma la voce…”.
Al termine, asciugata qualche inaspettata e sincera lacrima di commozione, avvio alla festa con champagne, buffet e momenti di relazione privi di stigmi, di pregiudizi e di paure.
Nei Residenti e in tutte le persone della comunità presenti, evidente era il senso di appartenenza a questa Casa, capace di creare occasioni privilegiate di contatto con la grande anzianità, come questa festa, in cui si è fatto il possibile per svelare un mondo ancora molto da riscoprire.
Non sono state da meno le altre due emozionanti esperienze vissute con i nostri residenti più fragili, ma di queste racconteremo in un prossimo “capitolo”.
TERRITORIO
Eventi e Cultura

Semi di CURA
NEWSLETTER
Esiste un significato profondo nel lavoro di CURA e una ricchezza nascosta in RSA?
La newsletter
«Semi di CURA»
indaga questo e lo racconta ogni ultimo venerdì del mese.