Nel percorso di cura a domicilio, la comunicazione con la famiglia rappresenta un elemento fondamentale.

Ascolto, fiducia, empatia e condivisione sono le basi su cui si costruisce un’efficace alleanza tra operatori e caregiver.

In questo articolo raccogliamo la testimonianza di Mariapia Simone, operatrice del Servizio di assistenza domiciliare supportiva dell’ASP Carlo Sartori (San Polo d’Enza, RE), e della signora Bruna, caregiver della madre Anna, per raccontare un’esperienza di assistenza basata sul dialogo, sulla fiducia e sulla valorizzazione del lavoro di cura.

Prima di ascoltare le loro parole, spieghiamo in breve in cosa consiste l’assistenza domiciliare supportiva e quali sono i destinatari a cui si rivolge.

L’assistenza domiciliare supportiva: di cosa si tratta

L’assistenza domiciliare supportiva rappresenta un servizio innovativo pensato per offrire sollievo ai caregiver familiari che si occupano, a domicilio, di persone non autosufficienti o con disabilità certificate.

Si tratta di un intervento integrato che valorizza anche il ruolo dell’assistente familiare e degli altri membri del contesto relazionale dell’assistito, promuovendo una presa in carico condivisa e partecipata.

Il servizio non solo concilia i tempi di vita del caregiver con quelli della cura, ma propone anche interventi socioeducativi mirati, tra i quali:

supporto alle funzioni cognitive, mantenimento delle abilità relazionali e sociali, mediazione nei contesti di vita e accompagnamento educativo rivolto al caregiver.

Si tratta di un approccio centrato sulla persona e sulla rete di cura che la circonda, per rafforzare il benessere di tutto il nucleo familiare.

A differenza della classica assistenza a domicilio, infatti, questo servizio dà la possibilità alla famiglia di assentarsi dal domicilio per alcune ore (1) o di essere partecipe insieme all’operatore di uno spazio di “alleggerimento” del carico di cura insieme a un passaggio di informazioni e pratiche condivise con il caregiver.

I destinatari dell’assistenza domiciliare supportiva

I destinatari del servizio di assistenza domiciliare supportiva dell’ASP Carlo Sartori possono essere:

  • caregiver di anziani che presentano quadri personali di non autosufficienza derivanti da patologie neurologiche (Parkinson, stroke ischemici/emorragici, neuropatie, ecc.) o da fattori muscoloscheletrici (cedimenti vertebrali, miopatie, ecc.) e/o da patologie psichiche concomitanti, noti o non noti ai servizi sociali territoriali.
  • caregiver di persone adulte e anziane alle quali è stata diagnosticata una demenza e che presentano disturbi cognitivi e/o comportamentali non ancora gravi, per quanto gravosi per i familiari, in carico al CDCD di Montecchio Emilia o all’U.O. di Neurologia dell’Ospedale Santa Maria Nuova (under 65). (2)

La parola all’OSS Mariapia Simone

“Ho conosciuto la signora Anna nel 2024: una signora anziana affetta da demenza moderata, seguita dal Centro Disturbi Cognitivi.

La geriatra aveva suggerito alla figlia Bruna, sua caregiver, di attivare il progetto di assistenza domiciliare supportiva.

Il servizio si è rivelato efficace fin da subito: si sono notati miglioramenti cognitivi e si è creato rapidamente un clima di fiducia ed empatia, sia con la signora Anna che con la figlia.

Prima del nostro intervento, la figlia non riusciva a ritagliarsi momenti per sé, nemmeno per le attività più semplici.

Per quanto possibile, abbiamo programmato gli interventi in base ai suoi turni di lavoro.

Prima dell’attivazione del servizio, utilizzava alcune attività di stimolazione come operazioni di calcolo, che la madre amava fare, ma non aveva a disposizione altri strumenti più specifici.

La signora Anna, fin dai primi incontri, si è mostrata incuriosita da ciò che proponevo, mai oppositiva.

Per conoscerla meglio ho iniziato chiedendole di raccontarmi la sua storia di vita. Ha condiviso ricordi con grande lucidità e coinvolgimento.

La figlia ha osservato fin da subito il legame che stavamo costruendo, e questo ha rafforzato anche la sua fiducia nei miei confronti. Dopo ogni visita al Centro Disturbi Cognitivi, mi aggiornavano con entusiasmo sui progressi.

Con il tempo la figlia è diventata molto più serena nella cura quotidiana della madre. È riuscita a ritagliarsi spazi personali, con la tranquillità data dal pensiero che la madre fosse “in buone mani”.

L’aspetto per me più significativo di quest’esperienza di Cura rimane proprio il rapporto umano.

La fiducia che si è instaurata, sia con l’anziana che con la figlia, è stata l’elemento più prezioso.

Ogni volta che ero presente, la figlia riusciva a dedicarsi a sé stessa, sapendo che sua madre era serena.

In generale, quando entro per la prima volta nella Casa di una famiglia, come prima cosa ascolto attentamente i bisogni. Inoltre, utilizzo un linguaggio semplice e comprensibile, anche per chi ha difficoltà cognitive. Mostro tranquillità e sicurezza, mantenendo un tono di voce calmo e rassicurante.

Cerco di trasmettere il valore dell’intervento attraverso l’importanza del benessere fisico, psicologico e sociale.

Propongo le attività come “compiti, proprio come a scuola: la mente è una macchina potente e allenarla può portare benefici sorprendenti.

Nella maggior parte dei casi ho ricevuto riscontri positivi, motivazione e soddisfazione.

La comunicazione e la relazione di fiducia costruita con il tempo hanno sempre fatto la differenza.

Una volta, per esempio, il marito di una signora con grave deterioramento cognitivo mi ha confidato le difficoltà che viveva nel pomeriggio.

Ho suggerito alcune attività pratiche come colorare, piegare calze o biancheria, per aiutarla a vivere quel momento con maggiore serenità. Sono piccoli accorgimenti, ma fanno davvero la differenza.

Gli aspetti più importanti per costruire un rapporto di fiducia con i familiari, a mio avviso sono questi: saper ascoltare attivamente, valorizzare il lavoro del caregiver, riconoscere le fatiche e creare una relazione empatica e autentica.

La fiducia nasce sempre dal sentirsi accolti e compresi”.

La parola a Bruna, figlia e caregiver di Anna

“Prima dell’attivazione del servizio di assistenza domiciliare supportiva la mamma aveva problemi di memoria a breve termine.

La stimolavo ogni giorno come potevo, ma sentivo che non bastava. Mi sono rivolta alla Responsabile del caso, che già conoscevo grazie al Servizio di Assistenza Domiciliare attivato per mio padre. Mi ha proposto questo progetto e l’ho accettato con entusiasmo, senza esitazioni: mi fidavo del servizio e delle persone.

Già durante la visita domiciliare mi sono sentita rassicurata.

Mia madre era felice di accogliere qualcuno a casa e io avevo la possibilità di uscire per fare la spesa o semplicemente prendere un caffè, senza ansia.

Mia madre ha mostrato nel tempo miglioramenti visibili, confermati anche dalla geriatra.

Pia, l’operatrice, la stimolava con metodi diversi dai miei. Facevano tante attività insieme. Un giorno l’ha portata al Mondo Verde, a lei piacciono tanto i fiori. Quando mi ha mandato una foto di quel momento, mi sono emozionata. Non pensavo sarebbe riuscita a coinvolgerla così.

La fiducia è nata subito. L’assistente sociale me l’aveva presentata bene, e Pia ha confermato tutte le aspettative. È una persona affidabile, preparata e dolce.

Mi ha trasmesso sicurezza fin dal primo giorno.

Il servizio di assistenza domiciliare supportiva ha avuto un grande impatto sulla mia qualità di vita come caregiver. Mi ha dato strumenti nuovi per aiutare mia madre, e soprattutto mi ha permesso di prendermi del tempo per me stessa, senza sensi di colpa.

A una famiglia che si trova nella mia stessa situazione direi semplicemente di provare.

Anche se si è un po’ restii all’inizio, è un aiuto concreto e prezioso. Un suggerimento che darei è di mettere in contatto chi ha già vissuto questa esperienza con chi ha dei dubbi: le testimonianze dirette possono rassicurare molto.

Avere un supporto di questo tipo a domicilio non ha prezzo”.

Note

(1) Al massimo 3 ore consecutive per un progetto totale di 150 ore complessive, rinnovabili in base all’obiettivo.

(2) Si precisa che le persone adulte e anziane destinatarie degli interventi socioeducativi devono essere state riconosciute in situazioni di disabilità grave ai sensi dell’ 3 comma 3 L.140/92 oppure essere titolari di indennità di accompagnamento. Per accedere al servizio bisogna fare richiesta alla responsabile del caso (assistente sociale) del proprio comune.

About the Author: Agnese Catone

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Responsabile Area dei servizi territoriali, ASP Carlo Sartori

Nel percorso di cura a domicilio, la comunicazione con la famiglia rappresenta un elemento fondamentale.

Ascolto, fiducia, empatia e condivisione sono le basi su cui si costruisce un’efficace alleanza tra operatori e caregiver.

In questo articolo raccogliamo la testimonianza di Mariapia Simone, operatrice del Servizio di assistenza domiciliare supportiva dell’ASP Carlo Sartori (San Polo d’Enza, RE), e della signora Bruna, caregiver della madre Anna, per raccontare un’esperienza di assistenza basata sul dialogo, sulla fiducia e sulla valorizzazione del lavoro di cura.

Prima di ascoltare le loro parole, spieghiamo in breve in cosa consiste l’assistenza domiciliare supportiva e quali sono i destinatari a cui si rivolge.

L’assistenza domiciliare supportiva: di cosa si tratta

L’assistenza domiciliare supportiva rappresenta un servizio innovativo pensato per offrire sollievo ai caregiver familiari che si occupano, a domicilio, di persone non autosufficienti o con disabilità certificate.

Si tratta di un intervento integrato che valorizza anche il ruolo dell’assistente familiare e degli altri membri del contesto relazionale dell’assistito, promuovendo una presa in carico condivisa e partecipata.

Il servizio non solo concilia i tempi di vita del caregiver con quelli della cura, ma propone anche interventi socioeducativi mirati, tra i quali:

supporto alle funzioni cognitive, mantenimento delle abilità relazionali e sociali, mediazione nei contesti di vita e accompagnamento educativo rivolto al caregiver.

Si tratta di un approccio centrato sulla persona e sulla rete di cura che la circonda, per rafforzare il benessere di tutto il nucleo familiare.

A differenza della classica assistenza a domicilio, infatti, questo servizio dà la possibilità alla famiglia di assentarsi dal domicilio per alcune ore (1) o di essere partecipe insieme all’operatore di uno spazio di “alleggerimento” del carico di cura insieme a un passaggio di informazioni e pratiche condivise con il caregiver.

I destinatari dell’assistenza domiciliare supportiva

I destinatari del servizio di assistenza domiciliare supportiva dell’ASP Carlo Sartori possono essere:

  • caregiver di anziani che presentano quadri personali di non autosufficienza derivanti da patologie neurologiche (Parkinson, stroke ischemici/emorragici, neuropatie, ecc.) o da fattori muscoloscheletrici (cedimenti vertebrali, miopatie, ecc.) e/o da patologie psichiche concomitanti, noti o non noti ai servizi sociali territoriali.
  • caregiver di persone adulte e anziane alle quali è stata diagnosticata una demenza e che presentano disturbi cognitivi e/o comportamentali non ancora gravi, per quanto gravosi per i familiari, in carico al CDCD di Montecchio Emilia o all’U.O. di Neurologia dell’Ospedale Santa Maria Nuova (under 65). (2)

La parola all’OSS Mariapia Simone

“Ho conosciuto la signora Anna nel 2024: una signora anziana affetta da demenza moderata, seguita dal Centro Disturbi Cognitivi.

La geriatra aveva suggerito alla figlia Bruna, sua caregiver, di attivare il progetto di assistenza domiciliare supportiva.

Il servizio si è rivelato efficace fin da subito: si sono notati miglioramenti cognitivi e si è creato rapidamente un clima di fiducia ed empatia, sia con la signora Anna che con la figlia.

Prima del nostro intervento, la figlia non riusciva a ritagliarsi momenti per sé, nemmeno per le attività più semplici.

Per quanto possibile, abbiamo programmato gli interventi in base ai suoi turni di lavoro.

Prima dell’attivazione del servizio, utilizzava alcune attività di stimolazione come operazioni di calcolo, che la madre amava fare, ma non aveva a disposizione altri strumenti più specifici.

La signora Anna, fin dai primi incontri, si è mostrata incuriosita da ciò che proponevo, mai oppositiva.

Per conoscerla meglio ho iniziato chiedendole di raccontarmi la sua storia di vita. Ha condiviso ricordi con grande lucidità e coinvolgimento.

La figlia ha osservato fin da subito il legame che stavamo costruendo, e questo ha rafforzato anche la sua fiducia nei miei confronti. Dopo ogni visita al Centro Disturbi Cognitivi, mi aggiornavano con entusiasmo sui progressi.

Con il tempo la figlia è diventata molto più serena nella cura quotidiana della madre. È riuscita a ritagliarsi spazi personali, con la tranquillità data dal pensiero che la madre fosse “in buone mani”.

L’aspetto per me più significativo di quest’esperienza di Cura rimane proprio il rapporto umano.

La fiducia che si è instaurata, sia con l’anziana che con la figlia, è stata l’elemento più prezioso.

Ogni volta che ero presente, la figlia riusciva a dedicarsi a sé stessa, sapendo che sua madre era serena.

In generale, quando entro per la prima volta nella Casa di una famiglia, come prima cosa ascolto attentamente i bisogni. Inoltre, utilizzo un linguaggio semplice e comprensibile, anche per chi ha difficoltà cognitive. Mostro tranquillità e sicurezza, mantenendo un tono di voce calmo e rassicurante.

Cerco di trasmettere il valore dell’intervento attraverso l’importanza del benessere fisico, psicologico e sociale.

Propongo le attività come “compiti, proprio come a scuola: la mente è una macchina potente e allenarla può portare benefici sorprendenti.

Nella maggior parte dei casi ho ricevuto riscontri positivi, motivazione e soddisfazione.

La comunicazione e la relazione di fiducia costruita con il tempo hanno sempre fatto la differenza.

Una volta, per esempio, il marito di una signora con grave deterioramento cognitivo mi ha confidato le difficoltà che viveva nel pomeriggio.

Ho suggerito alcune attività pratiche come colorare, piegare calze o biancheria, per aiutarla a vivere quel momento con maggiore serenità. Sono piccoli accorgimenti, ma fanno davvero la differenza.

Gli aspetti più importanti per costruire un rapporto di fiducia con i familiari, a mio avviso sono questi: saper ascoltare attivamente, valorizzare il lavoro del caregiver, riconoscere le fatiche e creare una relazione empatica e autentica.

La fiducia nasce sempre dal sentirsi accolti e compresi”.

La parola a Bruna, figlia e caregiver di Anna

“Prima dell’attivazione del servizio di assistenza domiciliare supportiva la mamma aveva problemi di memoria a breve termine.

La stimolavo ogni giorno come potevo, ma sentivo che non bastava. Mi sono rivolta alla Responsabile del caso, che già conoscevo grazie al Servizio di Assistenza Domiciliare attivato per mio padre. Mi ha proposto questo progetto e l’ho accettato con entusiasmo, senza esitazioni: mi fidavo del servizio e delle persone.

Già durante la visita domiciliare mi sono sentita rassicurata.

Mia madre era felice di accogliere qualcuno a casa e io avevo la possibilità di uscire per fare la spesa o semplicemente prendere un caffè, senza ansia.

Mia madre ha mostrato nel tempo miglioramenti visibili, confermati anche dalla geriatra.

Pia, l’operatrice, la stimolava con metodi diversi dai miei. Facevano tante attività insieme. Un giorno l’ha portata al Mondo Verde, a lei piacciono tanto i fiori. Quando mi ha mandato una foto di quel momento, mi sono emozionata. Non pensavo sarebbe riuscita a coinvolgerla così.

La fiducia è nata subito. L’assistente sociale me l’aveva presentata bene, e Pia ha confermato tutte le aspettative. È una persona affidabile, preparata e dolce.

Mi ha trasmesso sicurezza fin dal primo giorno.

Il servizio di assistenza domiciliare supportiva ha avuto un grande impatto sulla mia qualità di vita come caregiver. Mi ha dato strumenti nuovi per aiutare mia madre, e soprattutto mi ha permesso di prendermi del tempo per me stessa, senza sensi di colpa.

A una famiglia che si trova nella mia stessa situazione direi semplicemente di provare.

Anche se si è un po’ restii all’inizio, è un aiuto concreto e prezioso. Un suggerimento che darei è di mettere in contatto chi ha già vissuto questa esperienza con chi ha dei dubbi: le testimonianze dirette possono rassicurare molto.

Avere un supporto di questo tipo a domicilio non ha prezzo”.

Note

(1) Al massimo 3 ore consecutive per un progetto totale di 150 ore complessive, rinnovabili in base all’obiettivo.

(2) Si precisa che le persone adulte e anziane destinatarie degli interventi socioeducativi devono essere state riconosciute in situazioni di disabilità grave ai sensi dell’ 3 comma 3 L.140/92 oppure essere titolari di indennità di accompagnamento. Per accedere al servizio bisogna fare richiesta alla responsabile del caso (assistente sociale) del proprio comune.

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