Cosa fare se una persona anziana vuole mangiare continuamente? Cinzia Siviero di Agape AVO ci offre alcuni suggerimenti semplici e quotidiani, con un focus specifico sulle modalità più efficaci di entrare in relazione con la persona affetta da Alzheimer e altre forme di demenza.
La persona anziana vuole mangiare continuamente
In un precedente articolo riflettevamo di come sia importante non forzare la persona anziana disorientata che non vuole mangiare, ascoltando autenticamente il suo “non ne ho voglia”.
Il primo passo da cui partire è sempre quello di riconoscere la situazione per quella che è, legittimandola, ed evitando di imporre al nostro caro qualcosa, per quanto molto difficile.
Con lo stesso procedimento possiamo abbassare la tensione quando il nostro caro ha il problema opposto, ovvero quello di voler mangiare continuamente.
Individuare il bisogno dietro al comportamento
Naomi Feil, gerontologa e terapeuta sociale americana che ha ideato il metodo Validation alla fine degli anni Settanta, sostiene che c’è sempre una ragione dietro al cosiddetto disturbo del comportamento, anche se non sempre è possibile comprenderla.
Io ho trovato molto utile a questo proposito imparare a collegare il comportamento al bisogno sottostante.
Il bisogno di sentirsi amati
Se, come si sa, il cibo è il simbolo per eccellenza dell’amore, può essere che nella richiesta eccessiva di cibo ci sia un bisogno: quello di sentirsi amati appunto.
Non trasformiamoci in psicologi se non lo siamo, ma impariamo ad andare un poco più in là, oltre a ciò che appare in superficie.
Il bisogno di sentirsi al sicuro, amati e protetti è molto probabile che appartenga a queste persone perché il disorientamento, la mancanza di certezze e la sensazione di essere sempre come sospesi, quasi certamente generano sentimenti di paura.
Imparare a centrarsi
Tornando all’aspetto più pratico, se ho una mamma confusa che mi chiede la colazione avendola appena finita – e magari anche accusandomi di non darle abbastanza da mangiare – la prima cosa utile che posso fare è centrarmi.
La centratura (o centering) è uno strumento straordinario, che possiamo provare a far diventare nostro esercitandoci.
Si tratta di qualche respiro (anche uno solo se siamo allenati), che facciamo corrispondere a un mettere da parte le nostre emozioni del momento.
Il respiro va esercitato e ripetuto nei momenti liberi all’inizio, quando si ha uno spazio favorevole per farlo.
Suggerisco a questo proposito anche un breve video del Validation training Institute che funge da guida per centrarsi utilizzando il suono.
Provare ad approfondire
Il centering potrebbe aiutarci per esempio a non raccogliere la provocazione della mamma, raggiungendo la consapevolezza che questo è l’unico modo che lei riesce a utilizzare ora per poter sopravvivere al suo disastro interiore.
Accusare me le serve per andare oltre, è la sua legittima difesa.
In secondo luogo, invece che spendermi nel farle capire che ha appena finito di mangiare, posso provare ad approfondire, per esempio chiedendole cosa desidererebbe.
Forse, parlando di cosa le piacerebbe mangiare potremmo “perderci” insieme in una breve chiacchierata, fatta di accoglienza dei suoi temi:
“ti è sempre piaciuto tanto il momento della colazione mamma! Anche a me piace molto, quel buon profumo del caffè al mattino…”.
Accogliere le emozioni dolorose
Un principio fondamentale del metodo Validation dice che le emozioni dolorose quando vengono accolte e riconosciute diminuiscono di intensità.
Ovvero, ciò accade quando diamo loro valore (to validate in inglese, da cui il nome del Metodo Validation).
Proviamo a sentirlo su di noi e pensiamo all’ultima volta per esempio in cui ci siamo arrabbiati.
Se qualcuno per caso ci ha detto di stare calmi o che “non c’è motivo di scaldarsi”, come ci siamo sentiti?
Ma perché succede questo?
Perché, al contrario, le emozioni dolorose – quelle negative, quelle forti – quando non vengono riconosciute, si amplificano.
Perché non ci sentiamo compresi.
Come già abbiamo detto, spesso possiamo trovare la strada per aiutare i nostri cari proprio pensando a cosa aiuta noi a livello emotivo.
L’empatia è una grande opportunità e, contrariamente a quello che si crede, non aumenta mai il carico.
Quest’articolo è un estratto dal libro “Ma lei dove dorme? 24 ore accanto all’anziano affetto da demenza”.

Per conoscere di più sul lavoro di Cinzia Siviero in favore di caregiver e familiari, trovi ulteriori informazioni a questa pagina.
SALUTE
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Il primo passo da cui partire è sempre quello di riconoscere la situazione per quella che è, legittimandola, ed evitando di imporre al nostro caro qualcosa, per quanto molto difficile.
Con lo stesso procedimento possiamo abbassare la tensione quando il nostro caro ha il problema opposto, ovvero quello di voler mangiare continuamente.
Individuare il bisogno dietro al comportamento
Naomi Feil, gerontologa e terapeuta sociale americana che ha ideato il metodo Validation alla fine degli anni Settanta, sostiene che c’è sempre una ragione dietro al cosiddetto disturbo del comportamento, anche se non sempre è possibile comprenderla.
Io ho trovato molto utile a questo proposito imparare a collegare il comportamento al bisogno sottostante.
Il bisogno di sentirsi amati
Se, come si sa, il cibo è il simbolo per eccellenza dell’amore, può essere che nella richiesta eccessiva di cibo ci sia un bisogno: quello di sentirsi amati appunto.
Non trasformiamoci in psicologi se non lo siamo, ma impariamo ad andare un poco più in là, oltre a ciò che appare in superficie.
Il bisogno di sentirsi al sicuro, amati e protetti è molto probabile che appartenga a queste persone perché il disorientamento, la mancanza di certezze e la sensazione di essere sempre come sospesi, quasi certamente generano sentimenti di paura.
Imparare a centrarsi
Tornando all’aspetto più pratico, se ho una mamma confusa che mi chiede la colazione avendola appena finita – e magari anche accusandomi di non darle abbastanza da mangiare – la prima cosa utile che posso fare è centrarmi.
La centratura (o centering) è uno strumento straordinario, che possiamo provare a far diventare nostro esercitandoci.
Si tratta di qualche respiro (anche uno solo se siamo allenati), che facciamo corrispondere a un mettere da parte le nostre emozioni del momento.
Il respiro va esercitato e ripetuto nei momenti liberi all’inizio, quando si ha uno spazio favorevole per farlo.
Suggerisco a questo proposito anche un breve video del Validation training Institute che funge da guida per centrarsi utilizzando il suono.
Provare ad approfondire
Il centering potrebbe aiutarci per esempio a non raccogliere la provocazione della mamma, raggiungendo la consapevolezza che questo è l’unico modo che lei riesce a utilizzare ora per poter sopravvivere al suo disastro interiore.
Accusare me le serve per andare oltre, è la sua legittima difesa.
In secondo luogo, invece che spendermi nel farle capire che ha appena finito di mangiare, posso provare ad approfondire, per esempio chiedendole cosa desidererebbe.
Forse, parlando di cosa le piacerebbe mangiare potremmo “perderci” insieme in una breve chiacchierata, fatta di accoglienza dei suoi temi:
“ti è sempre piaciuto tanto il momento della colazione mamma! Anche a me piace molto, quel buon profumo del caffè al mattino…”.
Accogliere le emozioni dolorose
Un principio fondamentale del metodo Validation dice che le emozioni dolorose quando vengono accolte e riconosciute diminuiscono di intensità.
Ovvero, ciò accade quando diamo loro valore (to validate in inglese, da cui il nome del Metodo Validation).
Proviamo a sentirlo su di noi e pensiamo all’ultima volta per esempio in cui ci siamo arrabbiati.
Se qualcuno per caso ci ha detto di stare calmi o che “non c’è motivo di scaldarsi”, come ci siamo sentiti?
Ma perché succede questo?
Perché, al contrario, le emozioni dolorose – quelle negative, quelle forti – quando non vengono riconosciute, si amplificano.
Perché non ci sentiamo compresi.
Come già abbiamo detto, spesso possiamo trovare la strada per aiutare i nostri cari proprio pensando a cosa aiuta noi a livello emotivo.
L’empatia è una grande opportunità e, contrariamente a quello che si crede, non aumenta mai il carico.
Quest’articolo è un estratto dal libro “Ma lei dove dorme? 24 ore accanto all’anziano affetto da demenza”.

Per conoscere di più sul lavoro di Cinzia Siviero in favore di caregiver e familiari, trovi ulteriori informazioni a questa pagina.
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