PAOLO GALFIONE
Direttore Generale Softwareuno

Viviamo in una società sempre più focalizzata sulla libertà dell’individuo di essere e di fare ciò che lo rende felice. Il paradosso di questa continua ricerca di benessere è che internet ci avvolge e crea un mondo di relazioni virtuali e informazioni che confermano e sostengono le nostre idee in modo pericolosamente rassicurante.
Questo succede a noi, ragazze e ragazzi, donne e uomini di ogni età, capaci di esprimere con autonomia e consapevolezza desideri, bisogni e aspettative. Esistono invece delle categorie di persone a cui questa possibilità viene sostanzialmente esclusa; si tratta delle persone affette da disabilità e dagli anziani che hanno perso in parte o totalmente l’autonomia psico-fisica.
Fino agli anni 80 queste persone erano consapevolmente emarginate dalla società, spesso motivo di vergogna per le famiglie, venivano ospitate da istituzioni caritatevoli i cui metodi spesso mal si conciliavano con la loro definizione.
Negli ultimi cinquant’anni, man mano che la concezione di disabilità intellettiva e fisica, congenita o legata all’età, è stata razionalizzata all’interno di un’idea scientifico-fisiologica dell’essere umano, abbandonando il precedente stato animistico-patologico in cui spesso malattia era sinonimo di punizione, la cura alla persona fragile si è via via trasformata nell’applicazione standardizzata di principi tecnici e di strumenti di cura e assistenza che, se da un lato si ponevano sinceri obiettivi di benessere, nella loro applicazione rimanevano quasi sempre a livello teorico.
Ancora oggi, l’approccio alla cura della persona con disabilità, secondo la Legge 104 del 1992, prevede come principale strumento quello della predisposizione di progetti individuali per ogni singola “persona con disabilità fisica, psichica e/o sensoriale, stabilizzata o progressiva”, progetti attraverso i quali poter creare percorsi personalizzati per ciascuno, in cui i vari interventi siano coordinati in maniera mirata, massimizzando così i benefici effetti degli stessi e riuscendo, diversamente da interventi settoriali e tra loro disgiunti, a rispondere in maniera complessiva ai bisogni ed alle aspirazioni del beneficiario.
Questo approccio parte dalla rilevazione di una serie di problemi da parte di diversi professionisti, medici, fisiatri, psicologi, educatori, i quali fissano obiettivi e quindi attività che la persona dovrà svolgere. Questo processo si svolge senza che la persona interessata venga coinvolta nel definire quale siano gli aspetti della propria vita veramente importanti e se effettivamente gli obiettivi del progetto siano pertinenti.
È proprio in questo contesto, spesso troppo medicalizzato e tecnicizzato che si inserisce il Progetto di Vita.
Il Progetto di Vita parte proprio dall’articolazione delle risposte ai bisogni presentati dalla persona disabile e dalla sua famiglia e da esso deriva la presa in carico globale che avviene attraverso l’elaborazione di un piano d’intervento e la stesura di un progetto vita, che accompagna la persona in tutte le fasi della sua vita, articolando una serie di risposte ai diversi bisogni.
Negli anziani non autosufficienti, che spesso si presentano in RSA con un degrado cognitivo che ne compromette la capacità di esprimere i propri bisogni, il Progetto di Vita dovrebbe essere redatto in fase precoce, durante le attività di sostegno a domicilio, quando è possibile affrontare in maniera ancora consapevole il proprio inevitabile declino.
La redazione di un progetto individuale nel progetto di vita parte perciò dall’analisi del benessere individuale suddiviso in: benessere emozionale, fisico e materiale, sviluppo personale, stato delle relazioni, grado di autodeterminazione e integrazione sociale, rispetto dei diritti. Per ognuna di queste dimensioni viene rilevata l’importanza che la persona dà alla dimensione stessa e solo poi il grado di benessere che percepisce per quella dimensione. Questa rilevazione preliminare fornisce un quadro molto personale e intimo della qualità della vita percepita e desiderata dalla persona e su di essa dovrà inevitabilmente fondarsi la programmazione dei sostegni.
Riteniamo che questo modello, anche se non ancora recepito dal punto di vista normativo e delle linee guida generali, dovrebbe rappresentare un punto di riferimento per la gestione e la programmazione delle cure alle persone fragili e stiamo investendo perché le nostre soluzioni applicative permettano di predisporre nativamente il progetto di vita e gli interventi ad esso collegati.

About the Author: Editrice Dapero

Casa Editrice Indipendente per una cultura condivisa nel settore dell’assistenza agli anziani.

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Questo succede a noi, ragazze e ragazzi, donne e uomini di ogni età, capaci di esprimere con autonomia e consapevolezza desideri, bisogni e aspettative. Esistono invece delle categorie di persone a cui questa possibilità viene sostanzialmente esclusa; si tratta delle persone affette da disabilità e dagli anziani che hanno perso in parte o totalmente l’autonomia psico-fisica.
Fino agli anni 80 queste persone erano consapevolmente emarginate dalla società, spesso motivo di vergogna per le famiglie, venivano ospitate da istituzioni caritatevoli i cui metodi spesso mal si conciliavano con la loro definizione.
Negli ultimi cinquant’anni, man mano che la concezione di disabilità intellettiva e fisica, congenita o legata all’età, è stata razionalizzata all’interno di un’idea scientifico-fisiologica dell’essere umano, abbandonando il precedente stato animistico-patologico in cui spesso malattia era sinonimo di punizione, la cura alla persona fragile si è via via trasformata nell’applicazione standardizzata di principi tecnici e di strumenti di cura e assistenza che, se da un lato si ponevano sinceri obiettivi di benessere, nella loro applicazione rimanevano quasi sempre a livello teorico.
Ancora oggi, l’approccio alla cura della persona con disabilità, secondo la Legge 104 del 1992, prevede come principale strumento quello della predisposizione di progetti individuali per ogni singola “persona con disabilità fisica, psichica e/o sensoriale, stabilizzata o progressiva”, progetti attraverso i quali poter creare percorsi personalizzati per ciascuno, in cui i vari interventi siano coordinati in maniera mirata, massimizzando così i benefici effetti degli stessi e riuscendo, diversamente da interventi settoriali e tra loro disgiunti, a rispondere in maniera complessiva ai bisogni ed alle aspirazioni del beneficiario.
Questo approccio parte dalla rilevazione di una serie di problemi da parte di diversi professionisti, medici, fisiatri, psicologi, educatori, i quali fissano obiettivi e quindi attività che la persona dovrà svolgere. Questo processo si svolge senza che la persona interessata venga coinvolta nel definire quale siano gli aspetti della propria vita veramente importanti e se effettivamente gli obiettivi del progetto siano pertinenti.
È proprio in questo contesto, spesso troppo medicalizzato e tecnicizzato che si inserisce il Progetto di Vita.
Il Progetto di Vita parte proprio dall’articolazione delle risposte ai bisogni presentati dalla persona disabile e dalla sua famiglia e da esso deriva la presa in carico globale che avviene attraverso l’elaborazione di un piano d’intervento e la stesura di un progetto vita, che accompagna la persona in tutte le fasi della sua vita, articolando una serie di risposte ai diversi bisogni.
Negli anziani non autosufficienti, che spesso si presentano in RSA con un degrado cognitivo che ne compromette la capacità di esprimere i propri bisogni, il Progetto di Vita dovrebbe essere redatto in fase precoce, durante le attività di sostegno a domicilio, quando è possibile affrontare in maniera ancora consapevole il proprio inevitabile declino.
La redazione di un progetto individuale nel progetto di vita parte perciò dall’analisi del benessere individuale suddiviso in: benessere emozionale, fisico e materiale, sviluppo personale, stato delle relazioni, grado di autodeterminazione e integrazione sociale, rispetto dei diritti. Per ognuna di queste dimensioni viene rilevata l’importanza che la persona dà alla dimensione stessa e solo poi il grado di benessere che percepisce per quella dimensione. Questa rilevazione preliminare fornisce un quadro molto personale e intimo della qualità della vita percepita e desiderata dalla persona e su di essa dovrà inevitabilmente fondarsi la programmazione dei sostegni.
Riteniamo che questo modello, anche se non ancora recepito dal punto di vista normativo e delle linee guida generali, dovrebbe rappresentare un punto di riferimento per la gestione e la programmazione delle cure alle persone fragili e stiamo investendo perché le nostre soluzioni applicative permettano di predisporre nativamente il progetto di vita e gli interventi ad esso collegati.

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