Esprimere pensieri e sentimenti con un linguaggio e una semantica noti all’organizzazione è un’esigenza del lavoro in equipe

Carmine Di Palma. Responsabile Tecnico Settore Anziani Coop G Di Vittorio

Nei luoghi di cura, negli ultimi anni, si sta dando sempre più valore agli aspetti oggettivi ed iper-specialistici della cura, contribuendo, potentemente, alla perdita di una visione d’insieme della presa in carico.

Questo processo si basa su una rappresentazione della conoscenza come insieme di tecniche ed informazioni settoriali e specialistiche, che si deresponsabilizza verso tutto ciò che è fuori da questa visione e non tiene conto dell’ecologia dell’azione.


Per ridurre questa deriva, è importante che chi forma i nuovi professionisti e chi ha la governance dei servizi sia capace di vedere e d’insegnare ad accettare il limite e le incertezze della relazione nei processi di cura e di analizzare i significati che le persone ci portano. Solo in questo modo è possibile recuperare la vicinanza e migliorare la visione d’insieme nella cura.

Nel paradigma della complessità, non ci sono soluzioni definite e definitive, ci sono prese di coscienza e chiamate alla responsabilità, che devono guidarci nel costruire assetti futuri. Non si deve aggiungere costantemente solo contenuti, come se si stesse riempiendo un contenitore, ma è utile connettere meglio la conoscenza già presente.

Edgar Morin


A tal proposito Montaigne afferma che è “meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”.

Potremmo dire che la semantica è la disciplina che, armonizza, connette, vede e fa vedere l’importanza della dimensione umana ed esistenziale che sottende le richieste di cura.

“Sai giocare a croquet?” – disse la Regina di Cuori.
“Sì!” – gridò Alice.
“Allora gambe in spalla!” – ruggì la Regina e Alice si unì al corteo, curiosissima di vedere che cosa sarebbe successo a quel punto.
“Ai vostri posti!” – tuonò la Regina, e subito tutti si misero a correre in tutte le direzioni e a sbattere l’uno contro l’altro. […] Alice non aveva mai visto prima un campo da gioco così squinternato […].
All’inizio la cosa più difficile per Alice fu maneggiare il suo fenicottero: riusciva senza troppi problemi a tenergli stretto il corpo sotto il braccio, lasciando le gambe penzoloni, ma appena era arrivata a fargli allungare bene il collo e a posizionargli la testa per la mazzata al porcospino, il fenicottero si girava a guardarla in faccia con un’espressione così ebete che lei non poteva fare a meno di scoppiare a ridere.

Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie

Le difficoltà di Alice nascono dal fatto che lei non capisce il fenicottero, cioè non ha un’informazione sistemica sul sistema che le sta di fronte. Analogamente il fenicottero non capisce Alice.


Il problema di accoppiare l’uomo al suo ambiente mediante la coscienza è simile.

Gregory Bateson

Un approfondimento sui temi proposti nella sintesi riportata sopra la si può trovare nella versione integrale dell’articolo pubblicato sulla versione cartacea della rivista. (N° 1 del marzo 2020). Per acquisto del singolo numero clicca su CURA n° 1

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