In questa sezione abbiamo raccolto approfondimenti sulle tematiche maggiormente affrontate su Rivista Cura. Oggi cerchiamo di dare risposta alla domanda: cosa è il morbo di Alzheimer? E che relazione ha con la demenza? Analizzeremo quali sono i sintomi, la diagnosi, il trattamento e le strutture più specializzate.
La ricerca sull’Alzheimer prosegue, non solo in campo clinico ma anche metodologico e sempre più professionisti scelgono di acquisire competenze sulle metodologie più aggiornate di assistenza all’anziano con la sindrome di Alzheimer. Per maggiori approfondimenti, nel trattamento di specifici aspetti che vanno dall’assistenza, agli approcci metodologici rimandiamo alle nostre pubblicazioni [link a shop Editrice Dapero].
Alzheimer: una malattia che colpisce il cervello
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce il cervello. Si tratta della forma più comune di demenza, caratterizzata dalla perdita delle capacità cognitive e della memoria. È facile comprendere la portata di questa patologia: una malattia i cui effetti travolgono molti aspetti della vita di una persona, con conseguenze significative che incidono in maniera consistente nello svolgimento delle attività quotidiane, nel comportamento, e nella percezione di sé stessi.
Incidenza dell’Alzheimer
L’Alzheimer è una malattia che colpisce un numero sempre più alto di persone in tutto il mondo, ed è considerata la 7a causa di morte al mondo. Si stima che a livello globale oltre 55 milioni di persone siano affette da questa malattia, e che questo numero avrà la tendenza ad aumentare nei prossimi anni.
Alcuni studi riportano come la malattia colpisca una percentuale di popolazione femminile più alta rispetto a quella maschile. Questa tendenza può essere ricondotta alla riduzione del livello di estrogeni che si manifesta in menopausa, e che è considerata un fattore di rischio.
I recenti sviluppi nella ricerca si concentrano invece sulla specifica struttura cerebrale femminile, i cui processi di formazione della memoria a lungo termine e dell’orientamento spaziale sono diversi da quelli degli uomini. Questi risultati confermano ulteriormente quanto sia necessario il rafforzamento di una medicina di genere, in grado di identificare differenze specifiche nei fattori di rischio tra uomo e donna.
Che cos’è l’Alzheimer?
Il morbo di Alzheimer o la malattia di Alzheimer, come abbiamo visto, è una patologia neurodegenerativa che colpisce il cervello causando una progressiva perdita delle funzioni cognitive e mnemoniche. Nell’esperienza si riscontra una grande varietà di risposte a questa patologia, una malattia che può manifestarsi in modo diverso da persona a persona. In linea generale si presenta con difficoltà nella memoria a breve termine e nella capacità di svolgere attività quotidiane. Esistono poi una serie di sintomatologie più specifiche che possono essere ricondotte all’Alzheimer, che possono essere diagnosticate attraverso una serie di test che vengono effettuati in ambito sanitario, svolti da personale medico e infermieristico.
Rispetto alla grande incidenza di questo tipo di patologia diventa quindi centrale portare avanti campagne di sensibilizzazione verso l’opinione pubblica, campagne sulla demenza da Alzheimer e sulla sua gravità. Ancor più è importante sostenere la ricerca scientifica che ci aiuti a trovare trattamenti terapeutici sempre più efficaci nella gestione della malattia.
Allo stesso modo diventa centrale formare il personale (professionisti o caregiver) sulle metodologie di approccio che possano al meglio assicurare una cura adeguata e consapevole rispetto alla malattia. È infatti dimostrato quali vantaggi comporti, in termini di miglioramento della cura, riconoscere le competenze che una persona con Alzheimer può conservare. Esistono infatti molteplici metodiche che possono aiutare ad attivare le competenze che nella persona permangono, migliorandone di conseguenza il benessere.
Se è pur vero che non esista ancora una cura, e in attesa che possa trovarsi, negli anni ci si è concentrati sulla gestione dei sintomi, attraverso trattamenti e programmi di supporto specifici, che nel tempo hanno dimostrato di rendere migliore la condizione di chi si trova a convivere con tale malattia.
Un problema sociale ed economico
Sotto un altro punto di vista, l’Alzheimer rappresenta un grande problema sociale ed economico, poiché colpisce soprattutto le persone anziane. Assistere una persona con Alzheimer richiede un notevole impegno da parte dei familiari e dei caregiver, che molto spesso si trovano nell’impossibilità di potersi dedicare al proprio caro. Diventa allora sempre più centrale sensibilizzare l’opinione pubblica su questa malattia, promuovere la ricerca scientifica per trovare nuove terapie efficaci e studiare soluzioni di assistenza che siano sostenibili per le famiglie e per il Sistema Sanitario Nazionale.
Quali sono i sintomi dell’Alzheimer?
Come si manifesta l’Alzheimer? E come si capisce se una persona ha l’Alzheimer? La sintomatologia dell’Alzheimer può essere varia. Analizzeremo quali sono i principali indicatori di questa specifica tipologia di demenza– che può essere diagnosticata solo eseguendo un percorso clinico di analisi e test – per aiutare il caregiver a conoscere quali sono le situazioni più frequenti in cui potrebbe trovarsi, mentre assiste una persona con questa patologia.
Alzheimer sintomi fisici
Che cosa provoca l’Alzheimer a livello fisico? Capire che zona del cervello colpisce l’Alzheimer può aiutare a comprendere che problemi comporta. Sebbene i sintomi principali dell’Alzheimer siano di natura cognitiva – come la perdita di memoria, la confusione mentale e la difficoltà a concentrarsi -ci sono anche sintomi fisici associati alla malattia.
L’Alzheimer colpisce principalmente le regioni cerebrali coinvolte nella memoria, ma con il progredire della malattia, restano coinvolte anche altre aree cerebrali. Ciò può causare una serie di sintomi fisici, tra cui problemi di equilibrio, difficoltà nella coordinazione dei movimenti e problemi visivi. Inoltre, l’Alzheimer può causare una serie di disturbi motori, come tremori, rigidità muscolare e difficoltà nella deambulazione.
Un altro sintomo fisico comune dell’Alzheimer è la perdita di peso involontaria. Questo è spesso dovuto alla riduzione dell’appetito e alla difficoltà nel preparare i pasti o nel mangiare autonomamente. La disidratazione può anche essere un problema comune per le persone affette da Alzheimer.
Infine, l’Alzheimer può anche influire sulla salute dentale della persona. La difficoltà nel gestire le attività quotidiane come lavarsi i denti e la paura del dentista possono contribuire allo sviluppo di carie e altre malattie dentali.
Alzheimer sintomi comportamentali
L’Alzheimer può comportate cambiamenti nel comportamento. Per capire come comportarsi con una persona con l’Alzheimer è bene comprendere cosa sente e vive una persona in presenza di questa malattia.
I sintomi comportamentali dell’Alzheimer possono essere molto diversi tra loro e variano da persona a persona. In alcuni casi, possono essere legati al deterioramento delle funzioni cognitive, mentre in altri casi possono avere cause psicologiche o fisiche. Ecco alcuni dei sintomi comportamentali più comuni della malattia di Alzheimer:
- Agitazione: la persona può diventare agitata, irrequieta e reagire in modo esagerato a situazioni stressanti o frustranti.
- Depressione: la depressione è un sintomo comune dell’Alzheimer, causato dalla perdita delle funzioni cognitive e dalla consapevolezza della propria condizione.
- Deliri: la persona può avere deliri o allucinazioni, in cui vede o sente cose che non sono reali.
- Problemi di sonno: i pazienti con Alzheimer possono avere difficoltà ad addormentarsi o possono svegliarsi frequentemente durante la notte.
- Cambiamenti nell’appetito: la persona può perdere l’appetito o mangiare in modo compulsivo.
- Comportamenti socialmente inappropriati: la persona può dire cose inappropriate o fare gesti imbarazzanti in pubblico.
È importante capire che questi sintomi comportamentali non dipendono direttamente dalla persona con Alzheimer e che non possono essere controllati. Ci sono però alcune strategie che possono aiutare a gestire questi comportamenti, migliorando la qualità della vita del paziente e dei suoi familiari.
In primo luogo, è importante evitare situazioni stressanti o frustranti per la persona con Alzheimer. Per esempio, si può cercare di evitare i luoghi affollati o rumorosi e cercare di creare un ambiente tranquillo e rassicurante.
In secondo luogo, è utile mantenere una routine quotidiana stabile, con orari fissi per le attività come il cibo, il riposo e l’igiene personale.
Infine, è importante cercare il supporto di un medico o di un professionista sanitario specializzato nella gestione dei sintomi comportamentali dell’Alzheimer. Questo può aiutare a identificare le cause dei comportamenti e a prescrivere eventuali farmaci o terapie non farmacologiche.
10 sintomi dell’Alzheimer più frequenti
Come si legge nel libro Io ti aiuto, di Valentina Busato, Elisa Mencacci, Adalberto Bordin (Ed. Dapero, Piacenza, 2021).
“Capire cosa sta accadendo può aiutare a identificare la giusta strategia da adottare nei momenti di difficoltà”.
Di seguito, alcuni dei segnali più frequenti associati alla malattia, riportando alcune testimonianze contenute nel libro.
- Perdita di memoria: soprattutto legata ad eventi recenti (memoria a breve termine). Episodi sporadici capitano a tutti. Ma un’alta frequenza di difficoltà a ricordare per esempio Cosa ho mangiato a pranzo? Cosa devo acquistare? Come si chiama? Potrebbe essere un segnale.
- Difficoltà nelle attività della vita quotidiana: avere difficoltà talmente marcate e continuative da essere incapaci di svolgere le abituali attività della giornata. Riportiamo come esempio una testimonianza: «Un tempo mia madre era un’abile cuoca. Ultimamente non ricorda neppure come si faccia una semplice pastasciutta».
- Problemi di linguaggio: può capitare di non ricordare una parola. Di averla “sulla punta della lingua”. In una persona con Alzheimer questo aspetto potrebbe essere costante e non occasionale. La persona potrebbe tendere a usare parole pass partout (il coso, quella roba) o intere perifrasi per definire oggetti di uso comune: dammi quella cosa lì che si mette al polso per leggere l’ora.
- Disorientamento spazio-tempo: domande come che giorno è oggi sono molto comuni. Perdere la dimensione spazio-temporale, non ritrovando per esempio la strada per tornare a casa, può rappresentare un segnale. Per esempio: «Mamma è uscita di cassa e non è più tornata per ore e ore. L’ho trovata davanti casa del vicino, non capiva più dove fosse».
- Diminuzione della capacità critica e di giudizio: per esempio trascurare piccoli disturbi fisici o vestirsi in modo inappropriato al tempo o alla stagione.
- Problemi con i concetti astratti: può capitare a tutti di dimenticare una cifra, di sbagliare un conteggio. Dimenticare invece totalmente alcuni concetti come i numeri o il denaro può essere segnale di Alzheimer.
- Porre la cosa giusta nel posto errato: riporre oggetti nei posti più insoliti, senza apparente motivazione logica, in maniera continuativa può essere un segnale. Per esempio: «Ogni giorno mamma scorda dove ha messo la dentiera. Più di una volta l’ho trovata nel frigo…».
- Cambiamenti repentini nell’umore e nel comportamento: variazioni di umore che si manifestano senza apparente motivo e in maniera frequente, possono rappresentare un segnale.
- Cambiamenti di personalità: la malattia di Alzheimer può provocare profondi e radicati mutamenti di personalità: la persona può diventare estremamente confusa, sospettosa, apatica, timorosa tutto a un tratto, senza alcuna apparente ragione.
- Mancanza di iniziativa: una caratteristica tipica della malattia può essere la mancanza di iniziativa. La trasformazione di una persona di norma piena di interessi, di solito attiva, in una persona con un atteggiamento apatico e passivo, che richiede molti stimoli prima di agire, può essere un segnale.
Sintetizzando: gli effetti dell’Alzheimer sulla salute fisica sono molteplici e variano a seconda della fase della malattia. Uno dei primi segni dell’Alzheimer è la perdita di memoria a breve termine. Il progredire della malattia può far emergere altri segnali quali la confusione mentale, la difficoltà a pianificare e a organizzarsi, e a prendere decisioni semplici, difficoltà nel linguaggio, cambiamenti nel comportamento e nell’umore come quelli elencati sopra.
Sebbene i sintomi dell’Alzheimer possano essere molto difficili da gestire per il paziente e per i suoi familiari, conoscerli può aiutare i caregiver a gestirli meglio e a prevenire le complicazioni associate alla malattia. Tuttavia, è bene tenere sempre in considerazione che ogni persona affetta da Alzheimer può sperimentare sintomi diversi e che i sintomi fisici possono variare in intensità e durata. Per questo motivo, è importante consultare sempre un medico per una diagnosi accurata e un trattamento adeguato.
Alzheimer cause scatenanti
A cosa è dovuto l’Alzheimer? Gli studi sull’eziologia Alzheimer tentano di spiegare cosa provoca la malattia Alzheimer per dare risposta alla domanda che molto spesso viene rivolta a medici e specialisti del settore: per quale motivo viene l’Alzheimer?
Gli studi hanno cercato di comprendere le cause scatenanti della malattia per molti anni, ma finora la risposta non è ancora stata trovata. Esistono diverse teorie sulle cause dell’Alzheimer, ma nessuna di queste spiega completamente la genesi della malattia. Una delle teorie più accreditate suggerisce la causa risieda in un accumulo di placche amiloidi e di grovigli neurofibrillari nel cervello.
Le placche amiloidi sono aggregati proteici che si depositano tra le cellule nervose del cervello. I grovigli neurofibrillari, invece, sono costituiti da proteine anormali chiamate tau, che si accumulano all’interno delle cellule nervose del cervello.
Questi accumuli possono danneggiare le cellule nervose e interferire con la comunicazione tra di esse. Ciò può portare alla morte delle stesse e alla progressiva perdita di funzioni cognitive, come la memoria e il pensiero.
Ma perché si verificano questi accumuli nel cervello? Secondo gli studiosi, ci sono diversi fattori che possono contribuire allo sviluppo dell’Alzheimer. Tra questi ci sono:
- L’ereditarietà: le persone con parenti stretti affetti da Alzheimer hanno un maggior rischio di sviluppare la malattia.
- L’invecchiamento: l’Alzheimer è più comune nelle persone anziane, il che suggerisce che l’invecchiamento può essere un fattore di rischio.
- Lo stile di vita: abitudini malsane, come il fumo, l’obesità e la mancanza di attività fisica, possono aumentare il rischio di sviluppare l’Alzheimer.
- L’infiammazione: alcuni studi hanno suggerito che l’infiammazione nel cervello può contribuire allo sviluppo dell’Alzheimer.
Gli studi sull’eziologia della malattia continuano, e la ricerca prosegue, con la speranza di trovare nuove informazioni e capire prima possibile come prevenirla e curarla in modo efficace. Nel frattempo, adottare uno stile di vita salutare, evitare comportamenti a rischio e seguire una dieta equilibrata possono aiutare a ridurre il rischio di sviluppare l’Alzheimer. Inoltre, mantenere attiva la mente con attività cognitive stimolanti può aiutare a preservare le funzioni cerebrali e ritardare l’insorgenza della malattia.
Cosa si può fare contro l’Alzheimer?
Attualmente, non esiste una cura definitiva per l’Alzheimer. Mantenere uno stile di vita sano può aiutar a prevenire o ritardare la comparsa dei sintomi. Pur non essendo una soluzione, né una garanzia di prevenzione, esistono buone abitudini che mostrano di concorrere a una vecchiaia in salute. Principalmente: alimentazione, esercizio fisico, attività mentale, ridurre lo stress e mantenere relazioni sociali significative.
Un’alimentazione sana ed equilibrata, per esempio. Ci sono alcuni alimenti che sono particolarmente benefici per il cervello, come i frutti di mare, i legumi, le verdure a foglia verde scuro e i frutti rossi. Inoltre, è importante limitare il consumo di grassi saturi e zuccheri raffinati.
In secondo luogo, l’esercizio fisico regolare può aiutare a prevenire l’Alzheimer. L’esercizio fisico aiuta infatti a migliorare la circolazione sanguigna e ad aumentare il flusso di ossigeno al cervello.
È poi importante mantenere un livello adeguato di attività mentale. Ciò significa impegnarsi in attività che stimolino il cervello, come leggere, scrivere, fare puzzle o imparare una nuova lingua. Queste attività aiutano a sviluppare nuove connessioni neuronali e a mantenere il cervello attivo.
Lo stress può contribuire alla comparsa dei sintomi dell’Alzheimer. Può essere utile (sotto molteplici aspetti) trovare modi per gestirlo, come la meditazione o lo yoga. E allo stesso modo, le relazioni sociali possono aiutare a mantenere il cervello attivo e ad aumentare il senso di benessere.
Nuove frontiere nel trattamento della persona con Alzheimer
Sebbene ad oggi non ci siano cure in grado di far regredire la malattia, molti progressi sono stati fatti nello studio di approcci che stimolino, nella persona che vive con la demenza di Alzheimer, l’utilizzo delle facoltà che ancora mantiene. Sfruttare per esempio…
“le abilità senso motorie per riorganizzare il rapporto tra la persona e la realtà esterna in una forma più comprensibile. Nelle persone con demenza [tra cui l’Alzheimer, ndr.] è infatti alterata la capacità di integrare le diverse informazioni interne ed esterne all’organismo e di attribuirvi un significato, facendo vivere alla persona un senso di confusione che può sfociare in comportamenti indicanti distress. Gli ambienti possono risultare difficilmente comprensibili […] come ad esempio quelli di vita quotidiana ricchi di stimoli che spesso sono simultaneamente presenti.”
A. Bonora, G. Menabue, M. Turci, M. Zerbinati, L’approccio Snoezelen per la persona con demenza, Ed. Dapero, Piacenza, 2019.
Oltre all’approccio Snoezelen, basato sulla stimolazione multisensoriale, altri approcci offrono al caregiver gli strumenti per creare in connessione con la persona che assistono, in particolar modo se la persona che assistono presenta sintomi di decadimento cognitivo.
In un’ottica di miglioramento della qualità di cura, l’obiettivo è quello di:
“[non considerare] i comportamenti degli anziani con compromissioni cognitive come disturbi ma – in un’ottica di profondo rispetto e considerazione – come manifestazioni personali che vanno spesso a soddisfare bisogni. Quello proposto dal metodo è un cambiamento di prospettiva, una spinta a metterci [professionisti della cura e caregiver] nei panni della persona che ci troviamo davanti […] e considerare che alcune manifestazioni di comportamento […] siano molto simili a quelle che sperimentiamo noi.”
S. Pellegrini, C. Siviero, Non trovo le parole, Ed. Dapero, Piacenza, 2018.
Quali sono le strutture specializzate nel trattamento dell’Alzheimer?
Quali sono le strutture che si occupano in maniera specializzata e trattano i vari aspetti la malattia di Alzheimer? Affidarsi a una struttura specializzata aiuta nella diagnosi, che se fatta in maniera precoce può aiutare a rallentare l’insorgere e l’avanzamento delle problematiche associate alla patologia, e aiuta ad affrontare gli effetti negativi a essa collegati.
In linea generale le strutture che si occupano di persone con demenza da Alzheimer sono
- Le RSA: le residenze per anziani sono le strutture migliori nel caso in cui la persona necessiti di assistenza continuata.
- CDI (Centro Diurno Integrato): una struttura che offre, al pari delle RSA, assistenza medica e infermieristica, riabilitativa in una soluzione semiresidenziale.
- CDA (Centro Diurno Alzheimer): offre, in soluzione di semiresidenzialità, servizi e prestazioni specifiche per questo tipo di patologia.
Altre strutture sono i CDC (Centri per i disturbi cognitivi e le demenze), le associazioni per i familiari, gli sportelli sociali, i distretti sociosanitari e i reparti neurologici presenti nella città di appartenenza.
Fonti:
Alzheimer, perché coolisce di più le donne, in www.cnr.it
Portale Demenze, in www.salute.gov.it
Strutture specializzate per alzhimer, in spezzal’indifferenza.it
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