La riforma della Sanità Lombarda e il PNRR: quali novità sostanziali e quali implicazioni concrete per i servizi? L’incontro di UCID Lecco per chiarire gli estremi della riforma



Si riportano in questo testo i punti salienti dell’incontro del 12 gennaio 2022 che ha riguardato la Riforma della Sanità Lombarda, organizzato da UCID sezione Lecco per spiegare gli estremi della riforma e le sue implicazioni concrete.

Ha coordinato l’incontro la dottoressa Vincenza Scaccabarozzi (Presidente UCID Sez. Lecco) e sono stati coinvolti l’avvocato Luca Degani (Presidente di UNEBA Lombardia) e il dottor Virginio Brivio (Fondaz. Sacra Famiglia, Coord. Gruppo di lavoro sul PNRR, UNEBA Lombardia).

La premessa

Alla fine dello scorso anno è entrata in vigore la nuova Legge Regionale, la n. 22 del 14 dicembre 2021, che ha modificato alcune norme del Testo Unico delle leggi che disciplinano l’organizzazione sanitaria lombarda (la legge regionale 33 del 2009 ) che resta il testo base di riferimento). 

Tale riforma è stata accompagnata da un clamore mediatico importante e da contrapposizioni politiche nette, che non hanno però permesso ai cittadini e nemmeno agli operatori qualificati di comprendere la reale portata dei cambiamenti e soprattutto le conseguenze concrete di queste trasformazioni all’interno dell’organizzazione della Sanità lombarda

Questo è stato il motivo dell’incontro del 12 gennaio scorso, organizzato da UCID Sezione Lecco e moderato da Vincenza Scaccabarozzi.
Inizialmente le modifiche alla legge dovevano rimodernare la cosiddetta “Riforma  Maroni“, la legge n. 23 del 2015, a partire dalle criticità evidenziate dall’AGENAS.
 
In realtà, l’emergenza pandemica e la crisi della rete territoriale dei servizi sanitari ha richiesto un più radicale ripensamento della stessa. Non ultimo da citare il tema nodale del reperimento del personale dedicato, medici, infermieri e OSS in particolare.
 
 
La sostanza di queste modifiche non è dunque chiara per molti. Per questo è stato chiesto ai relatori dell’incontro, l’avvocato Luca Degani (Presidente di UNEBA Lombardia) e il dottor Virginio Brivio (Fondaz. Sacra Famiglia, Coord. Gruppo di lavoro sul PNRR, UNEBA Lombardia) di aiutarci nell’interpretazione e nella spiegazione del loro impatto.
 
 
All’Avv. Degani la moderatrice Vincenza Scaccabarozzi ha chiesto se le Associazioni Professionali e non solo, a partire da Uneba, siano state coinvolte nel percorso di riscrittura del testo e prima ancora se siano state considerate da una lettura condivisa di quanto era accaduto.

Ha poi aggiunto che per un’Associazione come l’UCID che a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa crede nella partecipazione e nella sussidiarietà, anche il modo con cui si affrontano temi fondamentali per la qualità della vita delle persone è importante.

 
Un secondo aspetto – che ha messo in evidenza la moderatrice – è stato quello di adeguare il sistema alle indicazioni del “PNRR, Piano nazionale di ripresa e resilienza” in materia di Sanità Sociale approvato dal Governo la primavera del 2021.
 
Su questo Vincenza Scaccabarozzi ha chiesto al dott. Virginio Brivio un approfondimento sulle nuove unità d’offerta previste (ospedali e case di comunità in particolare), sul potenziamento della rete domiciliare e di housing, sulle riforme previste nel PNRR nel settore sociale e sanitario.
Anche a lui è stato chiesto di capire se le associazioni ed il Terzo Settore hanno avuto ed hanno un ruolo nell’attuazione PNRR.

Il video dell’incontro del 12 gennaio disponibile su You Tube.


La riforma: principali innovazioni legislative, parla Luca Degani


La legge 22 interviene a modificare la legge regionale 23 del 2016, che era una legge sperimentale (della giunta Maroni), la quale andava a modificare il Testo unico in materia sanitaria vigente in Lombardia (legge regionale 33 del 2009).
 
Questa legge non è un’espressione di ridefinizione della legge sanitaria lombarda perché era previsto già che al quinto anno della 23 fosse necessario un intervento del Ministero della Salute per capire funzionamenti e modifiche da attuare alla legge.
 
Da questo punto di vista la riforma insiste sull’ambito di normatività funzionale a mettere a sistema la sperimentazione lombarda, dall’altra parte, tuttavia, rende coerente il sistema regionale lombardo con l’ipotesi di finanziamento infrastrutturale del PNRR.
 
In questa normativa si vanno ad effettuare due interventi che sono figli della sperimentazione messa a sistema. Uno è la definitiva distinzione dei ruoli fra le ATS e le ASST.

Il secondo tema significativo è quello di ritornare a un’organizzazione distrettuale con una corrispondenza di 100 mila persone per ogni distretto. Attraverso la riforma, si ritorna a un numero elevato di distretti che mantengono un’alta collaborazione con gli enti locali. Ciò significa che c’è, da una parte, la volontà di valorizzare gli enti territoriali, e dall’altra un tentativo di costruire un dialogo fra il mondo sanitario e le autonomie locali.


 
Dobbiamo leggere questo atto di riforma alla luce del PNRR. È infatti importante capire come sviluppare unità di offerta pensate dalla sanità pubblica (che derivano dai finanziamenti di PNRR) e già ipotizzare una possibile gestione di queste da parte di enti privati.
 


Parliamo dell’unità d’offerta: si tratta dell’ipotesi di 60 ospedali di comunità che hanno una derivazione storica sul territorio. Sono strutture che, più per dottrina che per norma, si dovrebbero occupare dell’ospedalizzazione intermedia, anche se non risulta chiaro cosa si intenda precisamente quando si parla di “interventi intermedi”.
 
La seconda tipologia dell’unità d’offerta – che è un po’ il mantra di questa legge – sono le case di comunità, le quali sono di due tipologie, quelle hub e quelle spoke. Le prime hanno una funzionalità 24 h su 24 e 7 giorni su 7, e dovrebbero essere in gestione dei medici di medicina generale.  

Queste dovrebbero rappresentare il luogo nuovo della presa in carico, ma in realtà hanno poi altre due tipologie di unità di offerta. Una è tipicamente lombarda ed è quella relativa agli ambulatori che danno la possibilità ai medici di fare attività medio specialistiche. Una seconda è relativa alle COT, Centrali Operative Territoriali, che dovrebbero essere un luogo di prima presa in carico del bisogno e di invio al servizio più appropriato.
 
Fatta la legge manca la connessione fra tutte queste entità. Il tema è quindi quanto valorizzare le centrali operative per la domiciliarità, quanto vedere le case di comunità come luoghi con cui la medicina collabora e capire quanto gli ambulatori siano funzionali nell’ambito delle case di comunità.
 
Per creare questi servizi sono previsti: 18 milioni di euro per i 101 centri operativi territoriali, 300 milioni di euro per le 200 case di Comunità e 150 milioni per i 60 ospedali di comunità, al momento pensati come ristrutturazione di servizi pubblici esistenti.
 
Queste risorse saranno distribuite a 40% 30% 30% nel triennio. È chiaro che la funzionalità di questo sistema prevede due elementi: un atto di programmazione generale che dia significato ai processi di presa in carico e uno che giochi sulla necessità di implementazione del personale.


Oggi stiamo vivendo nel settore sociosanitario e nella presa incarico della fragilità un grande problema su questo aspetto. Nel sistema sanitario pubblico lombardo c’è il paradosso di aver aperto ad assunzioni che in realtà non aumentano l’offerta di nuovi operatori, ma trasferiscono operatori dal territorio all’ospedalità.


Questa situazione è chiara a tutti e sono state fatte iniziative di implementazione delle attività formative a livello universitario e anche per ridimensionare le figure professionali come gli OSS per far sì che possano collaborare con le altre figure sanitarie.
 
È prevista una visione della nuova modalità di valutazione del bisogno e una valorizzazione della ricerca scientifica che dia spazio all’implementazione biomedica.

Il centro di questa norma è rapportare i bisogni di territorio coi finanziamenti che sono sia relativi alla sanità ma anche diretti all’infrastrutturazione informatica e digitale.

Lombardia: scelte e riforme previste nel PNNR; tracce di lavoro, connessioni, criticità, parla Virginio Brivio


La prima considerazione da fare, trattando il tema della riforma, è che la regione Lombardia è stata la prima a essersi adeguata al PNRR. Tuttavia, questo meccanismo di riforme è un processo in fieri e non si è ancora concluso.


Fra le riforme ancora da delineare ci sono le due relative alla non autosufficienza e alla disabilità, con le quali ci troveremo a fare i conti a breve.

Invece, un esempio concreto delle riforme che stanno per arrivare sono quelle che riguardano gli ospedali di comunità e le case di comunità e quelle che riguardano il coordinamento delle COT, come già sintetizzato da Luca Degani. Riguardo a ciò, il punto importante è capire come declinare gli interventi di assistenza e come integrarli nel territorio, tenendo conto che l’integrazione non dovrà coinvolgere solo i casi acuti, ma anche quelli intermedi.
 
Rispetto al tema del territorio, le ASST dovranno dotarsi di una pianificazione territoriale per collocare gli interventi delle case di comunità, ma dovranno anche saper interagire coi piani di zona dei comuni. In questi anni l’affiancamento delle ATS coi comuni c’è stato, ma non siamo arrivati ancora a una vera condivisione di procedure e protocolli, e questa sarà la sfida dei prossimi anni.


L’altro aspetto da mettere in evidenza, è che dentro quei finanziamenti che dovrebbero disegnare la nuova assistenza domiciliare ci sono risorse per l’applicazione delle tecnologie per migliorare il lavoro dei flussi informativi (cartelle cliniche) e per accompagnare i professionisti che si prendono cura delle persone nei propri domicili. Questo filone lo troviamo in parte nella missione 6 del PNRR.
 

La missione 6 non è l’unica che menziona gli aspetti relativi alla tecnologia, li troviamo anche nelle missioni 1 e 2 dove vengono presentati molti canali di finanziamento su aspetti tecnologici e comunicativi.

Oltre all’assestamento in Lombardia per una pianificazione delle case di comunità, degli ospedali e delle COT, si trovano nel PNRR altri tipi di riforme degne di nota.
 
La prima contenuta nella missione 5 e riguarda l’inclusione e la coesione sociale. Un’altra riguarda il rafforzamento delle infrastrutture sociali e la prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti.
Per ciò che riguarda l’istituzionalizzazione, troviamo riferimenti ai sistemi di housing sociale e anche il potenziamento infrastrutturale della rete domiciliare.
 
Il secondo aspetto che verrà messo a bando riguarda i percorsi di autonomia per le persone con disabilità. Nel testo si evidenzia l’idea di favorire convivenze di natura familiare per queste persone nei contesti di piccola comunità.

L’ultimo asse riguarda l’housing contemporaneo e le “stazioni di posta” per coloro che presentano fragilità lavorative e abitative.


Il PNRR oltre i finanziamenti: un’occasione di innesco di riforme

Una considerazione importante sul PNRR è questo non rappresenta per le regioni solo un’opportunità di finanziamento, ma si configura come l’innesco di un meccanismo di riforme del nostro settore.


Sul tipo di riforme non c’è sempre chiarezza e si vive un po’ il disordine che arriva dall’emissione dei bandi, perché sono questi che disegnano a posteriori il piano di riforme. Non c’è un disegno che li precede e questo per chi gestisce è un bel problema.
 
In questo ambito quello che stiamo facendo insieme a Uneba è trovare le sedi per razionalizzare un po’ queste risorse. Ma appena finisce il PNRR inizia davvero la nostra sfida perché comincia il momento in cui dovremo concretamente gestire i servizi.
 
Il consiglio che posso dare agli addetti ai lavori è: non ubriachiamoci di fronte alle risorse, ma manteniamo un atteggiamento riformista e responsabile, che tenga conto del lungo termine.
 
La seconda considerazione che faccio è quella che noi abbiamo bisogno di essere coscienti che le tecnologie che possono accompagnare i nostri servizi sono molto importanti e che abbiamo bisogno di maturare competenza su queste tematiche, anche se non rappresentano il nostro core business che sono invece le competenze sociali.

Dobbiamo dotarci di personalità non estemporanee (i consulenti di turno che ci aiutano) ma portare queste competenze all’interno delle nostre strutture e dei nostri consigli di amministrazione, altrimenti dipenderemo sempre dall’esterno per gestire quella che è una vera e propria rivoluzione. Questo vuol dire che dobbiamo appassionare i giovani informatici sul fatto che anche il mondo del sociale è un ecosistema che può avere ampie prospettive professionali.
 


Next Generation: quali considerazioni sul futuro dell’assistenza e sul ruolo delle RSA nella filiera di servizi?


Il PNRR si chiama Next Generation perché è una partita che si giocherà nel futuro. La cosa importante di cui occuparci è che questo PNRR non si scontri con la realtà dei fatti, quindi intanto è necessario un piano per la gestione delle risorse.

Oltre a ciò dobbiamo occuparci meglio della dimensione digitale e informatica affinché raggiunga l’obiettivo di efficientare l’attuale modello di assistenza e di renderlo adatto alla dimensione cronica.
 
 
Rispetto a quanto detto, faccio riferimento al tema delle RSA nel PNRR. Noi abbiamo assistito, durante la prima fase pandemica, a una sorta di criminalizzazione della risposta delle RSA mettendo in discussione la loro presenza. Io credo che si debba stare attenti con le verità così nette.

Il PNRR non pone il superamento delle RSA , come può aver interpretato qualcuno frettolosamente. Le RSA non possono essere l’unica risposta alla fragilità ma devono poter essere ripensate come snodi di servizio. Bisognerebbe a tal proposito riuscire a imporre un cambiamento che interessi la filiera dei servizi nel territorio e che riqualifichi le RSA.


Nel PNRR non ci sono risorse specifiche per il rinnovamento delle RSA ma ci sono alcune risorse a cui queste possono accedere.

Queste risorse riguardano la digitalizzazione e l’implementazione della tecnologia per ripensare i propri spazi e rinnovare la gestione quotidiana.
 
La cosa importante è pensare i servizi in una filiera dove l’RSA non è l’unica risposta. Si tratta di capire che non tutte le persone possono essere curate a casa e questo lo dice l’esperienza, non l’ideologia.

Bisogna stare attenti a difendere le nostre ragioni rendendosi disponili a capire che i bisogni delle persone sono complessi e che quindi le risposte debbano essere altrettanto sfaccettate.
 
Si potrebbe infatti pensare a costruire progetti integrati tra chi ha competenze residenziali e ha competenze domiciliari: sono tante le risposte che possiamo dare, ma tutte devono considerare alla base i servizi come inseriti in una rete territoriale.
 
 


Due siti per aggiornamenti su questi temi:
www.openlombardianextgeneration.it > tutti i temi del PNRR della Regione Lombardia e della ricerca scientifica
 
www.italiadomani.gov.it
 Sito Uneba Nazionale

La rivista CURA pubblica periodicamente news sull’attualità della cura e dei servizi in collaborazione con Uneba News.

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