Quando la demenza colpisce un nonno o un parente anziano, gli adulti devono far fronte a nuove necessità e bisogni, e spesso non c’è tempo o non si conosce il modo di spiegare la demenza ai bambini in maniera chiara.

Quando una malattia dementigena fa capolino in famiglia, l’equilibrio di tutto il sistema vacilla: gli adulti si trovano a far fronte a nuove necessità e bisogni, e molto spesso mostrano perplessità nel parlare di questo tema in modo chiaro con i bambini.

Il timore più comune è quello di spaventarli e a volte si è portati a supporre che sia meglio nascondere la verità della malattia: la demenza si pensa faccia paura e si teme che i bambini possano allontanarsi dalla “nuova” figura dei nonni, mutata in diversi aspetti.

Silenzio o risposte ambigue sulla demenza: così non aiutiamo i bambini

In realtà i bambini, che hanno ben attiva la capacità di cogliere e definire i segnali di comunicazione non verbale, hanno già percepito empaticamente cosa sta accadendo; se i grandi tacciono o rispondono in modo evasivo alle loro domande, i piccoli tendono a riempire il silenzio o l’ambiguità con fantasie o sensi di colpa che possono aggravare le loro preoccupazioni o farli sentire abbandonati e traditi dalle persone più vicine. È facilmente comprensibile l’intento di protezione che sta alla base di questi comportamenti degli adulti. Tuttavia, può essere fonte di sofferenza e può essere la causa – e non il rimedio – di una reazione di allontanamento. Nascondere quanto accade o minimizzare le reazioni o i comportamenti degli anziani, sono atteggiamenti specchio della paura e della difficoltà di accettare la situazione da parte degli adulti, frutto di stigmatizzazioni che questa malattia ancora presenta.

Condivisione empatica ed emotiva: una chiave che i bambini posseggono (più degli adulti)

Non tutti i bambini poi reagiscono nel medesimo modo e ciò dipende anche dall’età: alcuni possono vivere la malattia dei nonni con estrema naturalezza, altri potrebbero mostrarsi molto tristi, afflitti, frustrati o impazienti o al contrario arrivare anche a manifestare un atteggiamento di disinteresse.

Tuttavia, i bambini hanno capacità di resilienza molto elevate e possono adattarsi a situazioni strane (come aiutare una persona anziana che dimentica il nome degli oggetti che sta usando) e continuare ad avere un rapporto positivo con i propri nonni. I bambini, infatti, a differenza degli adulti, sono meno ancorati all’aspetto cognitivo della vita e delle azioni, e più orientati alla condivisione empatica ed emotiva.

Inoltre, percepiscono la frustrazione e l’imbarazzo della persona anziana in modo non solo più evidente, ma anche senza utilizzare il metro di giudizio che gli adulti applicano – a volte senza esserne pienamente consapevoli – a chi manifesta atteggiamenti inusuali. I bambini sono inoltre portati a condividere il problema con la persona in difficoltà e trovare, insieme a lei e non sostituendosi a lei, una soluzione “positiva”.

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Che ruolo ha l’adulto nell’affrontare il tema della demenza con un bambino?

Qual è allora il ruolo dell’adulto (sovente il genitore) nel presentare e aiutare ad affrontare la demenza dei nonni? Compito dell’adulto è presentare la demenza come un tema serio, mostrarne e rilevarne insieme le “manifestazioni” e allo stesso tempo leggerne le possibili spiegazioni; inoltre trovare – anche aiutati dalla fantasia e dalla sensibilità dei bambini – dei possibili “rimedi”.

Rilevato per esempio che il nonno tende a ripetere le stesse domande, è d’aiuto spiegare al bambino che le persone affette da demenza spesso si ricordano di eventi che sono accaduti tanti anni prima, ma non riescono a ricordare qualcosa che è successo ieri o anche qualche minuto prima. Cogliendo l’emozione che sta alla base di questo momento di difficoltà (rabbia, vergogna, frustrazione, paura) il bimbo può essere guidato a riconoscere un’emozione similare riconducibile a sé (“Come ti senti quando non ricordi una cosa?”) ed essere invitato ad avere pazienza e rispondere con calma, anche se lo ha già fatto in precedenza. Riconoscere poi che le manifestazioni di rabbia non sono rivolte alla loro persona, ma sono frutto di una reazione all’evento, può aiutare il bambino a non sentirsi colpito dall’atteggiamento dell’anziano.

Il bene che tutti comprendono, il bene che nessuno dimentica

I bambini sovente chiedono se la malattia dementigena sia contagiosa e, in questo caso, è utile rassicurarli del contrario. Allo stesso modo, è onesto riconoscere come non ci siano medicine in grado di far tornare alla normalità (il nonno o la nonna non potranno guarire) ma che circondarli di attenzioni e sentimenti positivi possa essere un buon modo per contrastare le difficoltà. La cosa più importante che un bimbo può fare – e questo va esplicitato in modo diretto e con esempi pratici – è far sentire all’anziano che gli vuole bene e che tiene alla sua compagnia e a fare cose insieme. Il genitore rassicurerà poi il bimbo che, insieme, potranno trovare le modalità più adatte per far sentire amato il nonno, modalità che possono cambiare nel tempo e arrivare anche a stare in silenzio e circondare di un abbraccio o un sorriso. Il bimbo deve essere aiutato a percepire che, man mano che la malattia avanza, la nonna potrebbe dimenticarsi di tante cose, ma si ricorderà sempre, in uno modo un po’ speciale, di quanto voleva bene al nipote.

Non trovo le parole, Editrice Dapero

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About the Author: Silvia Pellegrini

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