La psicogeriatria a sostegno dell’invecchiamento: perché abbiamo bisogno di un approccio multidimensionale per il mondo dell’anziano? Perché non esiste una sola vecchiaia e nemmeno un solo modo di guardarla

Anziano e psicologia: un binomio possibile?

Pensare all’anziano nel mondo della psicologia può apparire strano, azzardato, superficiale. Tuttavia, al contrario di quanto si pensi, la nascita di una psicologia dedicata al processo di invecchiamento ha offerto un nuovo, ricco e stimolante ambito di ricerca, che ha permesso (e permette tutt’ora) di analizzare e mettere a fuoco le caratteristiche e le necessità della popolazione anziana, che nel 2020 rappresentava ben l’11% della popolazione italiana.

Perché prendersi cura del mondo dell’anziano? Perché innanzitutto non si smette di essere persone (con determinati bisogni e qualità) con il passare del tempo e perché i dati parlano chiaro: l’Italia è un paese soprattutto di anziani. Questo elemento non deve rappresentare necessariamente un aspetto negativo, poiché significa che le condizioni permettono di avere un’aspettativa di vita considerevole (anche se indubbiamente la qualità di questa vita costituisce un altro capitolo da sviluppare). L’ISTAT a tal proposito riporta un dato significativo: nel 2021 l’indice di vecchiaia per il nostro Paese è stato di 182,6: ciò significa che per ogni 100 giovani ci sono 182,6 anziani, quasi il doppio. Sarebbe bene iniziare ad interrogarsi su come rendere il loro e il nostro futuro sostenibile, positivo, stimolante.


Da dove nasce dunque la psicogeriatria?


I primi studi sull’invecchiamento risalgono al 1920, con le prime ricerche sulle differenze tra invecchiamento fisiologico e patologico, ma è dal 1950 circa che si assiste un crescente aumento di interesse per questo campo. Negli ultimi anni questa attenzione è prosperata sempre di più, parallelamente ad un incremento di pubblicazioni scientifiche sul tema. I processi e i cambiamenti sensoriali, fisici, cognitivi, emotivi che accompagnano il trascorrere del tempo sono diventati sempre più interessanti, seppur nella loro estrema complessità.


Parlando di senilità, si può presumere che di invecchiamento ne esista uno soltanto, come una fotografia statica che raffigura esattamente ciò che succederà con il trascorrere del tempo e della vita. La realtà ci racconta tutto il contrario: ci sono tanti modi di invecchiare quante sono le persone che invecchiano. L’invecchiamento si configura dunque come un processo multidirezionale e multidimensionale, che coinvolge la persona da diversi punti di vista e con esiti differenti.

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Mettere a fuoco questo primo punto consente di andare oltre il principale limite contro cui la stessa psicogeriatria si è spesso scontrata: il taglio fortemente medico che ha spesso caratterizzato l’approccio all’anziano.
Il mondo dell’anzianità è infatti sempre stato letto prevalentemente da una prospettiva tipicamente organica, in cui ogni possibile difficoltà veniva letta esclusivamente da un punto di vista medico-clinico (pensiamo ad esempio all’utilizzo diffusissimo del termine “arteriosclerosi” per riferirsi a fenomeni di difficoltà cognitiva-emotiva).

Aggiungere a questa prospettiva, certamente imprescindibile, un occhio più ampio in grado di fornire più sfumature ai vissuti della persona anziana e del nucleo famigliare di cui essa fa parte consente di restituirci un’essenza che spesso dimentichiamo di possedere: l’umanità. In questa rinnovata cornice, l’opportunità di rivolgersi ad un professionista in grado di fornire suggerimenti, accogliere riflessioni e contenere emozioni costituisce un elemento non di secondaria importanza.

Ma chi è lo psicologo? E cosa si intende per psicogeriatria?

Lo psicologo è il professionista che, nel suo percorso formativo e operativo, apprende ed utilizza strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Inoltre, può svolgere altresì attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito (legge 56/89). Tali punti cardine possono essere declinati in vari ambiti, tra cui la psicologia applicata alla terza-quarta-quinta età.


La psicologia dell’invecchiamento, in particolare, si occupa dello studio dell’invecchiamento come processo di vita, sia in contesti di fisiologia che patologia, analizzandone le caratteristiche, abbattendone gli stereotipi, individuando interventi mirati alla promozione del benessere e della qualità di vita delle persone anziane e delle loro famiglie. Il mondo della psicogeriatria è dunque molto ampio ed i professionisti afferenti a questo campo possono declinare il proprio operato in differenti modalità.


Lo psicogeriatra può quindi occuparsi di prevenzione tramite incontri di divulgazione e corsi di allenamento mentale; valutazioni cognitive tramite la somministrazione di specifici test volti ad indagare eventuali difficoltà di memoria; può offrire sostegno psicologico alle persone anziane e alle loro famiglie e proporre interventi psicosociali e riabilitativi finalizzati alla promozione di una buona qualità di vita. Può altresì occuparsi di formazione e ricerca.


Tale ventaglio di mezzi e strumenti permette di offrire un contributo su diversi fronti: quello della sensibilizzazione e prevenzione, quello dell’intervento specifico in caso di disturbi già conclamati, quello dell’accompagnamento e accoglienza dei vissuti emotivi, quello della promozione di una corretta concezione di invecchiamento.

L'”Ageismo” e le forme stereotipate di vecchiaia


Il mondo dell’anziano è infatti ancora ricco di pregiudizi: chi invecchia è spesso concepito come un peso sociale, economico, un soggetto totalmente passivo incapace di prendere decisioni per se stesso. Butler nel 1969 ha coniato a tal proposito il termine “ageism”, proprio per indicare gli stereotipi che abitano i nostri pensieri e le nostre azioni verso gli anziani.

L’Organizzazione Mondiale di Sanità (WHO, World Health Organization) riporta come essere vittime di ageism sia associato ad un’anticipazione della morte di circa 7 anni e mezzo a causa dell’incremento di numerosi fattori di rischio legati alla salute fisica, psicologica, relazionale, economica.


Nella mia esperienza professionale e umana percepisco questo tipo di pensieri ogni qualvolta racconto del mio lavoro con le persone anziane, occasioni in cui spesso la reazione altrui è di grande stupore poiché difficilmente oggi si riesce ad immaginare il mondo dell’anziano come un mondo fertile e non arido, come una occasione di crescita e scambio, come una conquista e non una condanna.

Nel mondo di una persona con demenza questo tipo di stereotipi è ancora più robusto, poiché si crede che la demenza cancelli l’essere persona. Ma nulla può e deve negare ad un essere umano di essere umano.

Durante le mie giornate ho la fortuna di incontrare diverse persone con patologia e famiglie che se ne prendono cura e tocco spesso con mano la difficoltà a richiedere (e ricevere!) un aiuto adeguato. Una volta superato quel primo grande passo però l’esperienza comune è quella di un alleggerimento importante del carico emotivo percepito, legato all’attività di cura o di fronteggiamento della malattia.

Il contributo della psicogeriatria permette dunque di apportare una prospettiva multidimensionale al processo di invecchiamento, un processo che espone ciascuno di noi ad un terreno vulnerabile, dove le domande spesso superano di gran lunga le risposte.

Vedere la vita che scorre conduce all’emergere di riflessioni sul tempo speso, sul significato che ha assunto quel tempo, su quello che succederà “domani”, a noi e agli altri.
Poter disporre di uno spazio che legittima e dà voce a queste domande sull’esistenza, consente di dare continuità alla propria identità, pacificarsi, diventare tramite di storie, insegnamenti e saggezza inestimabile.

Il tema dell’Ageismo e degli stereotipi legati all’età anziana è affrontato nell’ultima pubblicazione di Editrice Dapero, il romanzo dal sapore fantasy intitolato “Ageismo. Il mistero del nome perduto” dell’autore Luca Lodi, in uscita l’8marzo 2022.

L’evento di presentazione del libro sarà trasmesso l’8 marzo in diretta dalla pagina Facebook di Editrice Dapero.

About the Author: Sonia Sassi

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