Dobbiamo assumere un impegno verso un nuova motivazione etica

Avv. Silvia D’Angelo – Studio Legale Degani (Milano)

La chiamano “strage degli innocenti” e le dedicano prime pagine sui quotidiani e nei notiziari. A partire dalle clamorose indagini presso il Pio Albergo Trivulzio, che hanno portato all’attenzione mediatica la difficile situazione che anche queste realtà stanno affrontando, sono ormai all’ordine del giorno, soprattutto in Lombardia, le investigazioni avviate sulla base di denunce di operatori, sindacalisti e parenti. 

RSA: immagine compromessa e impatto economico negativo.

È sbagliato identificare queste realtà come luoghi di morte. Non può infatti trovare spazio nell’immaginario comune la visione delle RSA come luoghi in cui i nostri cari vengono a mancare, diversamente queste realtà perderebbero la propria dignità e si snaturerebbe l’originaria e connaturata funzione di assistenza ai soggetti cronici.

Tale visione rischia di aggravare il già tragico impatto sull’economia di questa unità di offerta e di pregiudicare, di conseguenza, l’intero sistema di presa in carico basato su realtà prevalentemente appartenenti al no profit, quindi ad un mondo già di per sé non caratterizzato da redditività.

In un momento in cui si pensa a trovare il responsabile occorre innanzitutto capire che nelle strutture residenziali il Covid ha trovato terreno fertile perché è in questi luoghi che vive la popolazione più fragile e a rischio.

RSA dimenticate e ospedale al centro

È importante dunque che l’attenzione mediatica che oggi viene riservata al mondo RSA non ponga in risalto soltanto il dilagare del virus, rischiando in tal modo di danneggiare irrimediabilmente l’immagine di questi luoghi deputati all’assistenza, ma induca a riflettere sul fatto che troppo a lungo queste realtà sono state messe da parte dalle Autorità, le quali non hanno riservato la dovuta considerazione a strutture in cui dimorano le persone più esposte al rischio d contagio.

Non si è infatti compresa da subito la delicatezza e la problematicità di questi luoghi, probabilmente in quanto imperante una concezione ancora fortemente “ospedalocentrica” del sistema di welfare, che incontra il limite di non valorizzare le altre unità d’offerta territoriali relegandole ad un ruolo ancillare e di supporto rispetto all’ospedale.

La DGR della Regione Lombardia

In quest’ottica si può valutare la scelta di Regione Lombardia con la DGR n. XI/2906 del 08/03/2020 di deflazionare il sistema ospedaliero chiedendo ai luoghi di vita di persone anziane e disabili di accogliere pazienti Covid dimessi dagli ospedali. L’obiettivo, si comprende, era quello di supportare le strutture ospedaliere congestionate nelle terapie intensive, ma evidentemente l’inusitato numero di pazienti bisognosi di assistenza sanitaria e la situazione di emergenza che il paese si è trovato improvvisamente ad affrontare non ha consentito di prevedere fino in fondo, soprattutto nella fase iniziale di propagazione del virus, le criticità a cui si esponeva anche il sociosanitario.

Mancanza di protocolli e carenza di dispositivi di protezione individuale

Hanno fronteggiato il virus in una condizione di grave carenza dei dispositivi di protezione individuale e di difficoltà di approvvigionamento, riscontrando spesso il blocco delle forniture poiché precettate dalla Protezione Civile per gli ospedali.

Sono mancati inoltre protocolli ed indicazioni di gestione del rischio in RSA omogeni, ma soprattutto non è stato garantito il necessario supporto ai medici delle RSA, esperti nella cura delle malattie croniche, da parte di medici specializzati, come infettivologi, pneumologici e rianimatori.

Di fronte ad una pandemia, che oggi continua a colpire vittime innocenti, è inevitabile riscontrare omissioni ed errori di valutazione. Non è però il momento di colpevolizzare ed individuare responsabili. È il momento di dare nuova vita al sociosanitario, sostenendo, oltre agli ospedali, le strutture residenziali, presidiando il territorio e garantendo assistenza alle realtà più a rischio.

Ci sono anche casi virtuosi 

Sino ad oggi non sono mancati comunque esempi virtuosi. Il mondo del no profit, che gestisce la gran parte delle strutture presenti in Lombardia e sul territorio nazionale, ha mostrato la capacità di essere un esempio etico. 

Merita un ringraziamento la schiera di operatori che, con responsabilità e motivazione, ha continuato ad operare e ad assistere quotidianamente gli utenti in questo difficile momento, riconoscendo il valore della persona e la dignità di una vita. 

Non deve poi dimenticarsi l’impegno profuso da numerose realtà, che hanno da subito denunciato all’ATS e alle Regioni competenti le criticità e le difficoltà riscontrate per far sì che le strutture residenziali non restassero abbandonate a lungo.

RSA come unità di offerta sul territorio 

Si auspica che questo momento possa portare ad un cambiamento di prospettiva che consenta di valorizzare le RSA non solo come supporto all’ospedale, secondo un modello che ha mostrato i suoi limiti le sue fragilità, ma come unità d’offerta fondamentali sul territorio.

Le RSA non sono luoghi di morte, sono luoghi di vita.

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