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Dall’analisi delle criticità del settore a una prospettiva per cambiare il sistema: le figure professionali del sociosanitario hanno saputo fornire risposte orientate alla qualità.

Di Andrea Rotolo (SDA Lecturer di Government, Healht and Non-Profit Division. CERGAS SDA Bocconi School of Management)

Negli ultimi mesi il settore sociosanitario italiano è stato spesso sotto i riflettori, principalmente per la gestione dell’epidemia della Covid-19 nelle strutture residenziali per anziani, diventate in molti territori luoghi di diffusione del virus con conseguenze spesso fatali per gli ospiti. La pandemia ha fatto emergere alcuni nodi critici di un settore ormai da tempo in difficoltà, in larga parte non in grado di dar risposta ai numerosi e variegati bisogni dei cittadini (*qui su cura online abbiamo già parlato in un recente articolo della necessità di diversificare i servizi per rispondere a più tipi di bisogni).

La pandemia sta mettendo in crisi schemi consolidati, portando a cambiamenti profondi e il settore sociosanitario potrebbe beneficiare di questa “finestra di opportunità”. Aziende e policy maker dispongono oggi di un’occasione senza precedenti, ma un ripensamento complessivo non può prescindere da una presa di coscienza delle principali criticità esistenti da superare e dei punti di forza da valorizzare.

La scarsità di dati del settore sociosanitario

Prima di tutto si dovranno fare i conti col “peccato originale” del sistema sociosanitario italiano: la cronica scarsità di dati che il sistema è in grado di produrre. Da sempre, istituzioni, aziende e ricercatori si scontrano con l’assenza di fonti informative in grado di restituire una fotografia realistica e aggiornata degli interventi sociosanitari sul territorio nazionale, nonché del numero e della tipologia di utenti in carico.

I dati oggi a disposizione “presentano numerose criticità nel computo e nella stima poiché non facilmente riconducibili a una prospettiva unitaria, facendo essi riferimento a problemi e bisogni differenti affrontati con ipotesi e modelli di intervento necessariamente diversi. Questa eterogeneità rende complesso individuare elementi comuni che permettano di ricomporre il quadro dei servizi in un’analisi complessiva” (Fosti et al., 2018).

Alla frammentazione dei dati si aggiungono zone dove esistono veri e propri “deficit informativi” raramente superabili attraverso studi e ricerche ad hoc e una lentezza nell’aggiornamento delle fonti che ci porta oggi, nel 2020, a commentare dati sullo stato e sulle caratteristiche dei servizi sociali e sociosanitari rilevati nel 2016.

Se è vero che un ripensamento del sistema passa attraverso l’elaborazione di una visione, ma anche di strategie e piani concreti, come è possibile farlo senza un quadro completo e affidabile del posizionamento attuale del sistema? Come è possibile programmare senza prima conoscere?

Integrazione con i servizi territoriali e gestione del personale

Ci sono altri aspetti da affrontare per proporre un miglioramento complessivo dei servizi sociosanitari. A cominciare dalla frammentazione tra i nodi della rete del sociosanitario che vede le strutture residenziali poco integrate con i servizi territoriali e con il mondo sanitario che fa perno attorno all’assistenza ospedaliera. La rete sanitaria peraltro è da sempre considerata prioritaria dai policy maker, lasciando spesso il sociosanitario in secondo piano nella destinazione delle risorse.

Un altro tema che emerge con forza è la gestione dei fattori produttivi, il più importante dei quali è il personale (infermieri, medici, OSS, ASA, ecc.). Il personale in prima linea nei servizi è oggi reduce da molti anni in cui la pressione sui costi si è tradotta in una compressione salariale con conseguente compressione di competenze, che ha indebolito le professionalità e di conseguenza ha indebolito le aziende erogatrici.

Vi è infine un’importante criticità legata alla definizione del ruolo che il settore sociosanitario riveste all’interno del sistema e, di conseguenza, alla vocazione dei servizi. Troppo spesso non è chiaro quale sia la mission dei servizi oggi esistenti (Si veda Fosti e Notarnicola, 2019).

Ripartire proprio dal personale e aprirsi al mercato privato

Si deve chiaramente ripartire dai punti di forza e il primo è senza dubbio lo stesso personale che opera all’interno delle aziende: nonostante le condizioni non favorevoli di cui sopra. Anche in tempi di pandemia, le diverse figure professionali del sociosanitario si sono sempre dimostrate in grado di fornire risposte e modalità di presa in carico orientate alla qualità, nonché grande capacità di orientamento alle più ampie esigenze delle famiglie e dei caregiver che ruotano attorno all’utente.

Un aspetto su cui riflettere è che il settore è oggi molto influenzato dalla dipendenza dei provider dal finanziamento pubblico e dallo schema tipico dei servizi pubblici, da sempre orientati alla frammentazione e alla standardizzazione delle risposte, per garantire un trattamento equo a tutti i cittadini.

Oggi però si sa che i bisogni degli utenti sono talmente eterogenei e numerosi che non si può più prescindere della personalizzazione degli interventi e della presa in carico. Se uniamo queste criticità al fatto che solo una parte limitata degli utenti trova oggi risposta nel sistema pubblico, diventa prioritario anche proporre un ragionamento sull’apertura e sul ruolo del mercato privato.

Le premesse per rendere possibile e sostenibile il cambiamento

Come rendere tutto questo possibile e sostenibile? Serve una visione di sistema che ridefinisca ruoli dei singoli nodi e mission di ciascuna componente del sistema sanitario e sociosanitario. È poi opportuno che il livello dei policy maker crei le condizioni affinché il sistema compia i passi necessari verso l’evoluzione fin qui delineata, investendo risorse se disponibili, ma anche sviluppando competenze, condividendo conoscenze e mettendo a disposizione gli strumenti utili per il raggiungimento degli obiettivi di sistema.

A livello aziendale, bisogna promuovere una cultura manageriale che sappia combinare il mantenimento degli standard di qualità con la sostenibilità economica. Infine, la maggiore capacità di rispondere ai fabbisogni dei cittadini passerà inevitabilmente attraverso l’individuazione di nuovi modelli di servizio. Un esempio è la digitalizzazione che può potenzialmente consentire di raggiungere target di popolazione tradizionalmente al di fuori del perimetro dei servizi e allargare così l’efficacia degli interventi del sistema.

Riferimenti bibliografici

Fosti, G., Longo, F., Notarnicola, E., Perobelli, E., & Rotolo, A. (2018). Il sistema sociosanitario sociale e i suoi gap: la rete di offerta, il fabbisogno potenziale ei percorsi assistenziali dei grandi anziani.

Berloto, S., Fosti, G., Longo, F., Notarnicola, E., Perobelli, E., & Rotolo, A. (2019). La rete dei servizi di LTC e le connessioni con l’ospedale: quali soluzioni per la presa in carico degli anziani non autosufficienti?

Fosti, G., & Notarnicola, E. (2019). Il futuro del settore LTC. Prospettive dai servizi, dai gestori e dalle policy regionali. 2 Rapporto Osservatorio Long Term Care.

Rotolo, A. (2018). Verso un ageing 4.0 grazie alle tecnologie. Economia & Management. Milano, EGEA.

Se questo articolo ti è piaciuto, lo trovi pubblicato in versione completa sul numero 4 di CURA uscito a dicembre 2020. Clicca qui per scoprire il numero cartaceo.

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